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ACCADDE OGGI - RICORRENZE DI EVENTI ACCADUTI


LA FINE DEL COLERA DEL 1855

Il giorno dedicato all'Immacolata Concezione, nell'anno milleottocentocinquantacinque, a San Marco Argentano non morì nessuno. Detta così questa constatazione desunta dai registri d'archivio può apparire banale, considerato che non era mai accaduto che ogni giorno morisse una persona. La cosa, invece, appare strana ed inspiegabile visto che nei giorni precedenti i vanghieri incaricati delle sepolture non facevano in tempo a scavare una fossa che subito sopraggiungeva un altro cadavere. La concitazione di quei giorni è descritta da un testimone dell'epoca, il teologo Salvatore Cristofaro, autore della Cronistoria di San Marco Argentano, con riferimento al conforto religioso e agli aiuti portati dal vescovo del tempo monsignor Livio Parladore.
Ma qual era la causa di tutte queste morti? Era scoppiato il colera. Nella Cronistoria la data d'inizio dell'epidemia viene fatta coincidere con il ventuno novembre, quando in un solo giorno si verificarono tre decessi, di cui una ragazza di soli quattordici anni e un giovane di ventotto.
A quanto risulta dalle cronache del tempo il primo a diagnosticare la presenza del morbo fu il medico Luigi Romita.
Scorrendo l'elenco delle persone decedute e la data della loro morte, potrei ipotizzare che la prima persona su cui il medico scoprì il morbo sia stata una donna della borghesia sammarchese: donna Rosaria La Regina. La mia ipotesi si basa sul fatto che le famiglie più agiate erano le prime, se non le uniche, a ricorrere ai medici, considerato che la gran parte delle famiglie più povere conviveva dalla nascita con malattie, incidenti e morti precoci. Senza contare che molti attribuivano carestie ed epidemie ad agenti del governo, a forestieri che spargevano veleni, a malefici umani o castighi divini, tutte cose che nessun medico era in grado di impedire.
Ritornando a donna Rosaria La Regina, dai registri dello stato civile sappiamo che morì a trentaquattro anni il ventidue novembre dell'anno del colera, nel palazzo di famiglia in contrada Piazza. Era figlia nubile di don Domenico e di donna Marianna Sarri. È indubbio che il colera contagiò l'intera famiglia, visto che nello spesso periodo morirono quattro membri della famiglia. Una sorella di lei, più giovane di dieci anni, che aveva dato alla luce una bambina alcuni mesi prima, fu mandata nella casa rurale che il marito Luigi Sacchini possedeva in località Valle (Valle Sacchini).
L'isolamento della madre e, debbo supporre, della bambina della quale non ho trovato più notizie, fu dettato certamente dal timore del contagio. La sua morte non fu dichiarata, né quella della figlia, il che fa nascere il sospetto che in quei frangenti di precauzioni estreme dettate dalla paura di essere infettati da qualsiasi fonte, la donna possa essere stata sepolta nella stessa tenuta. Del resto non c'era gran differenza tra una sepoltura in loco e un seppellimento in un campo frettolosamente individuato per essere destinato ai morti di colera a monte del paese, dove in seguito sorse l'attuale cimitero.
Solo alcuni anni più tardi, quando il marito decise di risposarsi con donna Rosina Falcone, si scoprì che non era mai stata registrata la morte della donna. Proprio questa omissione, però, ci fornisce la prova certa della sua morte per colera, attraverso un estratto del tribunale di Cosenza del 14 giugno 1858: "Visto il verbale della pruova raccolta dal Giudice di Sammarco nel dì 25 maggio decorso dal quale risulta che la notte del 26 novembre milleottocento cinquantacinque Donna Agnesa La Regina trapassò nella casina in contrada Valle perché affettata (sic) dalla malattia del colera".

Ritornando alla data dell'otto dicembre, dedicata all'Immacolata, il cui dogma era stato proclamato l'anno prima da papa Pio IX, alcuni giorni addietro il parroco della chiesa cattedrale di San Nicola mons. Vincenzo Ferraro e il responsabile delle comunicazioni diocesane dott. Umberto Tarsitano hanno mostrato e commentato un documento d'epoca che dimostra quante paure e speranze l'epidemia di colera avesse portato tra la popolazione. Si tratta di una dedica scritta sulla base della Madonna del Rosario dettata dal sopracitato vescovo Livio Parladore: "POST SOLES CENTUM ARBITRA COELI MUNDIQUE PESTEM PORTENTUM! A NOBIS ET SECUNDO REPELLIT - A.D. MDCCCLV VIII XBRIS"
L'allontanamento del colera (PESTEM) dalla comunità sammarchese (NOBIS) dopo cento giorni dal suo inizio (POST SOLES CENTUM) fu attribuito al miracoloso intervento (PORTENTUM) della Vergine Maria (qui definita ARBITRA COELI ET MUNDI) per la seconda volta (SECUNDO) e si compì l'otto ottobre del milleottocentocinquantacinque (MDCCCLV VIII XBRIS).
Il contenuto della dotta iscrizione aggiunge qualcosa a ciò che conosciamo e cioè che il colera si era manifestato per ben due volte per complessivi cento giorni. La data potrebbe essere quella della dedicazione devozionale all'Immacolata, e non quella in cui cessarono del tutto le morti, che di fatto cessarono due giorni più tardi.
Dalle ricerche fatte non risulterebbe che in quell'anno o nell'anno precedente a San Marco vi fosse stata un'altra epidemia e che la durata complessiva fosse stata di cento giorni, ma è documentato che il colera si diffuse nel Regno delle due Sicilie anche nel milleottocentocinquantaquattro. Se così la statua potrebbe provenire da un'altra diocesi, il che porrebbe l'interrogativo su chi abbia dettato la dedica votiva.
C'è anche un'altra e più semplice spiegazione, ovvero che io non abbia bene interpretato la scritta latina! Ad ogni modo il giorno dell'Immacolata rappresenterà da allora per San Marco la testimonianza dei momenti terribili attraversati dalla nostra città e sarà ricordata fino ai nostri giorni con l'accensione di lumineri lungo le strade del paese.

San Marco Argentano 11 dicembre 2020

Paolo Chiaselotti

Approfondimento: Il colera a San Marco


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