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L'ANTISTORIA

MARCO BOEMONDO ALLA CROCIATA- QUINTO EPISODIO

La Battaglia di Doryleum in una illustrazione di Gustave Doré - da Wikipedia

Dopo la battaglia di Doryleum fuga, razzie, fame e sete ... Una pagina di sofferenze a lieto fine.

GESTA FRANCORUM - Libro IV - cap. X, XI
L'autore anonimo delle Gesta Francorum appare sempre di più come un inviato di guerra al seguito dei Crociati, con il compito di fare una cronaca dettagliata dei fatti accaduti. Doveva avere 'informatori' anche nelle file nemiche se fu in grado di riportare la 'registrazione' dei colloqui che un profugo eccellente della città di Nicea conquistata dai Crociati, ovvero il figlio dello scià Solimano, Qilij Arslan, ebbe con un contingente di 10.000 Arabi che se lo trovano dinanzi mentre arrancava solo e disperato.

Al "Cosa diavolo Vi è successo ? " che gli Arabi rivolgono all'illustre fuggiasco in preda al panico, egli risponde: "Andatevene fin che siete in tempo, credetemi, che c'è una moltitudine di Crociati così estesa che se 1 Arabo ne esce vivo è un miracolo!". I 10.000 Arabi non ci pensano sù 2 volte e fuggono via sparpagliandosi per l'intera Romania, come era chiamato allora l'impero bizantino.

È un attimo. Di lì a poco arrivano i Crociati che stavano inseguendo dei Turchi fuggitivi.
Anche in questo caso ritengo che un infiltrato abbia dato al nostro cronista notizie di prima mano sul comportamento dei Turchi nei territori un tempo da loro occupati. Si presentano alle porte delle città con la solita scusa: "Abbiamo sconfitto tutti i Cristiani, fateci entrare per riposarci e mangiare un boccone ... " e poi IÇ ÇEKMEK!! (sigh!!, in turco) ecco che li spogliano di tutto: oro, argento, asini, muli ecc. ecc.

I bravi cavalieri Crociati li inseguono senza sosta e finiscono nel deserto, o quasi. Fame e sete diventano i maggiori nemici di cavalieri e cavalli; quest'ultimi muoiono lasciando a piedi i primi, che per nutrirsi si affidano alle poche spighe selvatiche strofinate tra le mani, simili a mole, per ricavarne qualche grano.

Gran brutta bestia la sete, peggiore della fame. Fortunatamente i buoi resistevano più dei cavalli e allora tutti su di essi, compresi montoni, capre e cani, come in una fiaba dei fratelli Grimm.

Tutto è bene quel che finisce bene, e anche i Crociati raggiunsero una terra fertilissima, prossima alla città di Iconio. Questa volta, su consiglio degli abitanti, si rifornirono abbondantemente di acqua prima di giungere ad Erachia (oggi Ereĝli) dove i Turchi li stavano attendendo per un agguato.

Il cronista, che era di parte ovviamente, ci spiega come andò a finire: i turchi nel vedere quell'esercito di cristiani fuggirono come le frecce quando vengono scagliate dall'arco.
Ad un certo punto i Cristiani si separano. Tancredi di Marchisio assieme al conte Baldovino, fratello di Goffredo di Buglione, si dirigono verso Tarso, controllata dai Turchi. Un attimo dopo Goffredo sparisce.

Questa volta non è la sete ad affliggere i nostri, ma l'appetito. Arriva sul posto nientemeno che Goffredo al quale Tancredi ricorda che lì son tutti uguali; non esistono capi e sottoposti. Rientra in scena Baldovino che esplicita il suo pensiero in questi termini: «assediamo insieme la città e in quanto al bottino valga la legge del più forte.»
Tancredi si mostra scandalizzato: «in quella città ci sono Cristiani, i quali vogliono che sia io a governarli.» La discussione va per le lunghe, anche perché ci si mettono di mezzo gli stessi abitanti della città che non hanno dubbi su chi preferire: «Tan-cre-di, Tan-cre-di, Tan-cre-di!»

Balduino comincia ad innervosirsi, il fratello che non sappiamo dove sia nè che intenzioni abbia lo è per altri motivi, fatto sta che Tancredi si dimostra saggio, oltre che valoroso:« Va beh! datemi Atene, Manustra e qualche altra fortezza e non se ne parli più!»

Non sappiamo, perché il cronista non ce lo dice, che fine fecero i Cristiani di Tarso, mentre sappiamo che i Turchi, capito con chi avevano a che fare, se ne erano già andati da tempo, facendo giungere alle orecchie del cronista la voce che si fossero messi paura.

I Crociati hanno un unico obiettivo ma seguono vie diverse: l'esercito più grande, quello con Boemondo, Goffredo, Raimondo di Sant'Egidio arriva in Cappadocia. I Cristiani sono fermati dagli abitanti festanti di una città già assediata invano dai Turchi. Pietro delle Alpi si fa, avanti stringe le mani a tutti, e chiede ai suoi superiori di poterli tenere per sé, cittadini e città. Viene accontentato, non fosse altro per il lungo cammino affrontato!

Arrivati in una città di nome Coxon (oggi Göksun) possono riposarsi e rifocillarsi. Tra un boccone e l'altro decidono di mandare qualcuno ad Antiochia per verificare che cosa facessero i Turchi. Partono cinquecento cavalieri guidati da Pietro di Castiglione, Gugliemo di Monte Pislerio (Montpellier), Pietro di Roasa, Pietro Raimondi di Pul. Qualche scontro, battaglie e scaramucce per non perdere l'abitudine, mentre Pietro di Roasa appresa la lezione prende la città di Rugia (Ain al-Arous?).

L'altro esercito, quello in cui, a quanto dice il cronista, c'era egli stesso, seguendo altra strada si infila in una zona montana. L'esito è catastrofico: la strada si snoda lungo uno stretto crinale da dove precipitano cavalli, cavalieri e some. Nessuno osa avventurarsi, molti rinunciano a crociata, Terra Santa e ... mi fermo qui. L'impresa si trasforma per molti in una svendita dei propri beni, armi, scudi, elmi. Chi ebbe la fortuna di passare indenne e la forza di resistere raggiunse finalmente la sospirata capitale della Siria, Antiochia, che il principe degli Apostoli aveva trasferito al culto cristiano.

Alla prossima puntata!

Tutti coloro che utilizzano la rete a strascico per dragare informazioni d'ogni genere troveranno nella seguente pagina https://www.lastorialestorie.it/antistoria/boemondo_alla_crociata_o5.htm il testo integrale in latino con la mia traduzione in italiano, offerta come sempre con vuoto a perdere.

L'anonimo narratore dimostra di possedere un'ironia da giullare, in quanto nel suo testo latino fa degli accostamenti apparentemente lusinghieri, ma di fatto sarcastici nel contesto dell'azione. Ad esempio, definisce Baldovino conte meraviglioso mentre questi propone di fare man bassa di un abitato cristiano, e ancora definisce valorosissimo e prode Tancredi di Marchisio quando cede la cittadella conquistata, ignota alle cronache storico-geografiche, a Baldovino per un evidente calcolo dei rapporti di forza, ricevendo in contraccambio due grosse e importanti città e varie fortezze!


San Marco Argentano, 7 luglio 2023

Paolo Chiaselotti


Il testo latino è reperibile ai seguenti indirizzi:
https://www.thelatinlibrary.com/medieval.html
https://www.documentacatholicaomnia.eu


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