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L'ANTISTORIA


DOPO IL GUISCARDO A SAN MARCO.

vino della Matina - Madàm Chiedo scusa ai lettori più attenti per non aver mai parlato finora di nessuna delle figlie che il Guiscardo aveva avuto dalla seconda moglie Sichelgaita. A dire il vero non vi avevo neppure presentato la sorella di Boemondo, Emma, l'unica figlia della prima moglie, Alberada, ma siccome le 'gesta' riguardano i maschi condottieri, ai quali è associata solo Sichelgaita per la sua passione per le armi di ogni genere, veleni inclusi, ecco spiegato il motivo della mia mancanza.
Da Gaita, come familiarmente era chiamata, Roberto aveva avuto tre maschi e cinque femmine. La storia di oggi riguarda due di loro: Ruggero Borsa e Mabilia. Che cosa aveva fatto costei di così importante da entrare in un significativo pezzo della storia sammarchese?
Purtroppo -è la triste storia della maggior parte delle donne- il suo nome non sarebbe stato mai scritto se non fosse stato per merito, o demerito, del marito Guglielmo di Grandsmenil.
Sto parlando di un pezzo grosso della società del tempo, la cui famiglia veniva da Saint Evroul, luogo simbolo della cultura normanna.

Tutto ha inizio dopo la morte del Guiscardo, precisamente otto anni dopo, nel 1093. Il fratello di Mabilia, il duca Ruggero, soprannominato il Borsa, secondo alcuni per l'eccessivo attaccamento al denaro, mentre era a Melfi assieme alla moglie Adalam dei marchesi di Fiandra, conosciuta in Italia col nome di Adelaide, gli esplode un febbrone da cavallo. A nulla valgono le indagini e le cure dei medici: polso quasi assente, urine mai viste prime d'allora, insomma il Borsa era più di là che di qua, tanto che si sparse la voce che fosse già dall'altra parte.
Se pensate che mi stia inventando la storia, vi sbagliate, perchè un conto è essere antistorico, altro conto è mentire, e se a voi le mie parole appaiono di derisione andatevela a prendere con chi le ha riferite per primo. Esse sono esattamente queste:
"ut ab ipsis medicis nec pulsu, nec urina, sed neque aliis prognosticorum indiciis infirmitatis determinatio posset comprehendi."
messe nero su bianco nel capitolo XX del libro IV delle Gesta di Goffredo Malaterra, che oramai conoscete a menadito.
Accade che la voce della sua morte, addolora, stando al cronista, Pugliesi e Calabresi, ma nello stesso tempo fa accendere una lucina nella mente del fratellastro Boemondo, mascherata da buone intenzioni: e ora chi tutelerà i beni dei giovanissimi figli di Ruggero? La risposta se la diede cavalcando verso Melfi: io. E così, a metà tra la convenienza e la premura per i nipotini orfani, decide di federare a sé tutte le città che il fratellastro possedeva.
Come sempre accade, quando gli eredi son più d'uno, o quando ritengono a torto o ragione di avere voce in capitolo, ecco che un fratello del Guiscardo, il gran conte Ruggero, che stava in ottima salute in Sicilia sottomessa, sbotta in un " Ahò !! ", che tradotto nella lingua del tempo significava: e a me chi me lo dice che con la scusa di tutelare i piccoli, un domani, non ti appropri di tutte le città e i territori che erano di mio fratello Roberto?
Fatto sta che nel dubbio lo fa gentilmente accompagnare dai suoi fino al confine: lo caccia dalla Calabria.

Però, cacciato dall'osso un cane, ecco che se ne avventa un altro. E qui entra in scena il marito della nostra Mabilia, Guglielmo di Grandmesnil, il quale, come suol dirsi, mette i piedi nel piatto, in base al seguente ragionamento: sono o non sono il marito di Mabilia? e Mabilia è o non è la sorella del defunto Ruggero?
Come ovvia risposta alla domanda retorica, occupa la città di Rossano.

Dio, oltre che ' est, vult ': l'anima del duca che pareva in procinto di decollare per il sacro volo, si riappropria del corpo di Ruggero, che ritorna in piena salute. Essendoci di mezzo i soldi, ovviamente, nessuno grida al miracolo, ma ognuno cerca in un modo o nell'altro di riprendere i contatti col redivivo o di prendere ciò che il redivivo aveva. Il primo a farlo è il fratellastro Boemondo, che si precipita a Melfi per congratularsi con lui per la recuperata salute, rimettendolo in pieno possesso delle città che diceva voler custodire a 'tutela' dell'eredità dei nipotini.
Guglielmo, invece, non solo non mostra alcuna gioia, ma ritiene che Rossano ormai gli appartenga al punto che ne rafforza le difese in caso al cognato venisse l'idea di riprendersela.

Brutte cose, insomma, che lasciano l'amaro in bocca e, quel che più conta, il duca privato di una delle città più importanti della Calabria: la greca Rossano.
Come si comportò con Guglielmo il gran conte Ruggero? Questa volta non si limitò ad un semplice ' ahò! ', ma se la prese proprio a male. Riflettendo, però, che in fondo si trattava del marito di sua nipote, saggio com'era, tentò una soluzione pacifica con la riconciliazione tra i cognati. La caparbietà di Guglielmo non solo ruppe le trattative, ma imbestialì il conte, il quale, invece di attendere una richiesta di intervento dal nipote Borsa, lo sollecitò lui stesso a marciare uniti contro il fedifrago e insolente affine.

La macchina da guerra si mette in moto: entrambi gli eserciti si dirigono verso Castrovillari, dove Guglielmo si era asserragliato. E finanche Boemondo si mette in marcia con i suoi per ridare a Ruggero la sua città.
Perché Guglielmo aveva preferito arroccarsi dentro Castrovillari e non a Rossano? Senz'altro perchè la prima offriva maggiori garanzie di difesa, poi per qualche vecchia ruggine con Rossano e soprattutto perché i Castrovillaresi erano convinti che fosse nel giusto. Perché? aveva giurato, in occasione della presunta morte di Ruggero, che non avrebbe mai consegnato ad alcuno la città se non a Ludovico, figlio di Ruggero, appena avesse raggiunto la maggiore età, salvo poi, su consiglio di Mabilia, a mettersi d'accordo con altri che aspiravano a governarla. Era l'anno 1094.
E i sammarchesi?
Me lo immaginavo che qualcuno mi avrebbe chiesto se anche noi in qualche modo partecipammo a questa resa dei conti.
Volete sapere da che parte stavamo, essendo entrambi, Mabilia e Ruggero, figli dei nostri eroi Roberto e Sichelgaita? Ci buttammo con il più forte, nonostante, a quanto si capisce dal racconto di Malaterra, la città fosse in mano a Guglielmo. Ci buttammo con la coalizione formata dal Borsa, dal gran conte suo zio e dal fratellastro Boemondo.
Venne a San Marco personalmente il duca Ruggero Borsa, mentre stava aspettando in Val di Crati l'arrivo dalla Sicilia dello zio conte, a convincere i nostri concittadini a non ridare mai più la città a Guglielmo, e di conseguenza a Mabilia, almeno fino a quando il conte fosse rimasto in vita.
E a Rossano? La situazione, lì, non è rosea per nessuno, trattandosi di una città con profonde radici bizantine. Già l'anno precedente un tentativo di nominare un vescovo latino al posto del defunto vescovo greco aveva provocato le ire della popolazione locale. Il duca Ruggero, sconfessando la nomina che non aveva avuto seguito, ridiede ai greci la facoltà di scegliere un vescovo al loro interno, ma ora l'assedio non favoriva affatto la posizione del duca Ruggiero, che fu respinto dai partigiani di Guglielmo.
Insomma quel grande assembramento di truppe tra la valle del Crati e la valle del Fullone in prossimità del castrum di Tarsia fu impiegato non per attaccare, ma in un primo tempo per convincere Guglielmo a trattare e poi, visto l'insuccesso, per cingere d'assedio Castrovillari.
Dopo tre settimane la mancanza di viveri spinge Guglielmo ad una decisione estrema: sottoporsi ad un 'processo', dando in garanzia tutte le sue terre e chiedendo solo di poter tenere le città occupate, fino alla conclusione del giudizio.
Il processo gli andò male sotto ogni aspetto, sia di diritto che di argomentazioni a suo favore, e sia in un disperato tentativo di appello, per cui fu costretto a capitolare, restituendo le città e prendendo la via di un esilio dorato, assieme alla moglie, presso l'imperatore bizantino a Costantinopoli.
Rifece rientro in Italia, con le ricchezze accumulate, e fu perdonato da quel gran cuore del cognato, il duca Ruggero, che volle finanche ridargli tutte le città che aveva posseduto prima della sua ribellione. Tutte, ma proprio tutte. Tranne San Marco.


San Marco Argentano, 23/2/2023

Paolo Chiaselotti


L'immagine di apertura è tratta dal sito dell'azienda bio-agricola Valentoni proprietaria del fondo La Matina, e il motivo consiste nell'accostamento del vocabolo francese alle donne che in qualche modo legarono il loro nome a San Marco: Alberada, Sichelgaita e Mabilia. Oltre a ciò l'immagine di apertura del sito aziendale mostra alla pagina https://lamatina.it/lazienda-agricola/ la vasta distesa in cui si accamparono le truppe normanne all'epoca dei fatti narrati.

Testo consultato
DE REBUS GESTIS ROGERII CALABRIAE ET SICILIAE COMITIS ET ROBERTI GUISCARDI DUCIS FRATRIS EIUS, Liber IV, c. XX, XXI, XXII, Gaufredo Malaterra (11th century), dal sito https://www.thelatinlibrary.com/malaterra4.html
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