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L'ANTISTORIA

MARCUM ...




Gabriele Barrio (1506-1577):

Vi è la città Marco, sede episcopale soggetta a Temesa, o ad essa unita, un tempo detta Argentanum, che Tito Livio dice essersi arresa ai Romani con Verge e taluni altri popoli. Nella chiesa episcopale riposano i corpi dei Santi Martiri Senatore, Viatore, Cassiodoro e della loro madre Dominata, i quali furono cittadini di questa città. L'Usuardo li nomina nel suo martirologio. Maurolico Siculo (di Messina) fa della insipida ironia dicendo che la sede episcopale fu un tempo soggetta all'arcivescovo Messenio. Il fiume Folonum attraversa questa città e poco distante vi scorre altro fiume, il Malosa, che si unisce al Folonio.
La terra vi produce abbondanti frutti, che danno ottimi vini e olii, il serico pregiato, e ancora manna, si estrae la pietra da macina, vi vegeta la felce. Vi crescono castagneti e querceti adatti all'allevamento dei maiali. Vi sono, inoltre, foreste buone sia per legna di casa sia per uso navale, vi sono ricchi pascoli per le greggi e tane di animali selvatici, nè mancano occasioni di uccellagione.

Annotazioni di Tommaso Aceti (1687-1749)
Variamente chiamata, Argentano, Sibari, fondata da Sibariti dopo la distruzione della loro città, Mandonia, Marcopoli, Fano di San Marco, per la predicazione dell'Evangelista in questa città, come vuole la tradizione, ecc. (vedi Carlo Jovene 1 nella Storia dei Tarantini). La città fu molto oppressa dai Normanni, ma fu restituita al primitivo splendore da Roberto il Guiscardo. C'è ancora oggi l'antica rocca -che io ho visto- alta 130 piedi, costruita dai Normanni, come dicono, intorno all'anno 1048.

Del luogo furono:
  • il Beato Francesco dei Minori osservanti, il cui corpo riposa nel convento della stessa città. Morì il 22 settembre 1320 (Waddingo tomo III e Martirologio Francescano),
  • Giovan Battista Corvello, prefetto dei Musici, pubblicò un libro di canto a Napoli nel 1624 (da un manoscritto di Gualtiero),
  • Giovan Geronimo Gonsaga, per tre volte regio auditore, poi consigliere eletto, quindi senatore e conte titolare (da un manoscritto di Andreace Arduino),
  • Giovanni Aloisio Amodio, attendente maggiore nell'esercito di Carlo V, partecipò al sacco di Roma nel 1527 e alla successiva incoronazione (stesso manoscritto),
  • Mirabello ex canonico della cattedrale eletto vescovo sotto Gregorio X il 29 agosto nell'anno 1272 (da Ughello tomo I, num.3),
  • Mario Mirabello ex canonico più volte di quella cattedrale vescovo nell'anno 1281, quindi arcivescovo di Sorrento nell'anno 1285 (da Ughello tomo I num.6 e tomo 6 num.13),
  • Marzio Altilio medico celeberrimo e uomo di corte (da Toppio bibliotec.),
  • Orazio Majorana, cavaliere gerosilimitano e capitano delle milizie nella guerra di Fiandra (manoscritto di Andreace Arduino),
  • Pietro Negroni celebre pittore nell'anno 1553, dipinse mirabilmente varie tavole, che Domenico Martire descrive da un manoscritto di Bombino,
  • Giulio Cesare Barricelli, medico eccellente, come da Scritti Medici di Vander Linden, pubblicò molte opere: De Hydronosa Natura, Napoli, Scorrigio, 1614, e altre, Colonia, Smitz, 1620,
  • Francesco Mirabello, eruditissimo, Domenico Amodeo, presbitero, missionario nelle Cine, ricco in dottrina e santità
  • e tantissimi altri, tra i quali Onofrio Santososti, celebre poeta, che io ho conosciuto.

Osservazioni di Sertorio Quattromani (1541-1603)
La città di Marco, un tempo Argentanum e così il resto.
Ma questo è indovinare: infatti l'autorità di Livio, che scrisse che Argentanum con Vergis e altre città si fosse arresa ai Romani, non prova affatto che fosse San Marco. Da chiunque è detta città marciana: una congettura ... non del tutto vuota, vista la vicinanza a Vergiarum 2.


San Marco Argentano, 15 giugno 2023

Paolo Chiaselotti
1 Il nome era Giovanni Giovane (Joanne Juvene).
2 Credo che Sertorio Quattromani abbia voluto ironizzare sull'origine di San Marco scritta dal Barrio, giocando sul suffisso di Argentanum e Rogianum, quest'ultima scherzosamente trasformata da Vergis in un inesistente, e forse allusivo, Vergiarum
Nota: Il testo soprariportato è la traduzione integrale del testo latino De Antiquitate & Situ Calabriae di Gabriele Barrio con le Osservazioni di Sertorio Quattromani e Introduzione, aggiunte e annotazioni di Tommaso Aceti. Tipografia San Michele ad Ripam, Roma, 1737.

Viene da pensare che la riproposizione del Barrio sulle origini di San Marco scritte da Giovanni Giovane non fosse farina del suo sacco e che egli stesso si rendesse conto che c'era qualcosa di poco convincente, direi fantasioso, nella storia di questa città. Mi chiedo, infatti, a quale scopo uno storico scrupoloso e attento, oltretutto colto, avrebbe dovuto inserire la facezia detta da Maurolico Siculo (1494 -1575) sulle origini messinesi della diocesi? E perché immediatamente dopo la premessa di un martirio che doveva essere il fondamento stesso della sede episcopale? Forse è opportuno che il lettore più attento vada a leggersi chi era Maurolico Siculo, quando visse e perché possa aver fatto dell'ironia.
C'è ancora un altro interrogativo che mi pongo: come faceva il Barrio a dire che i corpi dei Martiri erano custoditi nella cattedrale se essi furono miracolosamente ritrovati a Venosa nel 1689? Avrebbe dovuto sapere che essi erano stati trafugati e portati in quella città ai tempi del Guiscardo, come fu scritto nella Relazione di Ignazio Gonzaga del 1692.
Sorge il dubbio, almeno a me, che l'unica arma che avevano in mano gli scrittori di ... storie, era un messaggio subliminale, inserito al posto e al momento giusto, sperando che chi leggeva capisse come fosse duro guadagnarsi il pane. Così fece Giovanni Giovane, dichiarando che la 'storiella' della venuta a San Marco, la Sibari montana, dell'Evangelista gliela aveva raccontata Consalvo Gonzaga a cui l'aveva raccontata il cardinale Sirleto, entrambi morti.


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