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AUTOBIOGRAFIA DI ROBERTO MOLLO ...



Roberto Mollo Sono nato in un casolare di campagna in località Peruccio, nel Comune di Cervicati. Il casolare era fatto con mattoni di creta e paglia, detti mattunazzi. Ho conseguito la licenza elementare in campagna, dove tutte le cinque classi erano nell'unica stanza di una casetta priva di servizi.
Si viveva come nei paesi del terzo Mondo, senza acqua e né luce, ma con tanta voglia di studiare. Dovevamo procurarci da soli il materiale: penne, libri, quaderni e tutto il resto.
I compiti a casa li facevamo di notte, perché il pomeriggio dovevamo guardare pecore, capre, maiali e galline.
Abbiamo lavorato sin da piccoli. Io ho lavorato con la zappa e con tutti gli strumenti del contadino. Il lavoro era alla giornata, si accettava come veniva, purché si potesse guadagnare quel poco per la sopravvivenza. A quindici anni ero un operaio generico, ma con tanta voglia di migliorare.

Durante il lavoro c'era tanta allegria. Ad esempio, alla mietitura del grano si cantava. Una squadra di operai iniziava una canzone e l'altra vicina rispondeva. Questo canto corale veniva chiamato u lassa e piglia e aveva lo scopo di far lavorare tutti allo stesso ritmo.
C'erano le canzoni amorose per la conquista di una ragazza (che nella maggior parte dei casi dei casi diventava la moglie di qualcuno di noi!) e se non andava in porto il matrimonio c'era pronta la canzone di sdegno.
Alla vendemmia si cantava allo stesso modo, con un particolare in più, cioè che a volte si prendevano degli schiaffoni quando, invece di prendere il grappolo d'uva, si spingeva la mano a toccare il seno della ragazza prescelta o della donna che si voleva amare.
La sera si danzava al ritmo delle musiche popolari, tarantelle, valzer, polca, mazurca. Anche gli strumenti erano popolari: fischiotti, chitarra battente, organetto, zampogna, fisarmonica, la lira, le castagne, cioè le nacchere, il tamburello, e finanche i coperchi delle padelle e i barattoli, che venivano trattenuti da una canna spaccata dove all'interno c'era un cavo acciaioso che provocava il suono; uno strumento medievale, una raffinatezza di origine araba. Per tutto il tempo ogni rumore acuto si trasformava in musica, che si rivelerà, nel mio caso, in un'esperienza che diventerà una parte importante della mia vita.

Ritornando al lavoro, per trovarlo a volte bisognava farsi una tessera di partito. Nessun trattamento speciale, però, perché si trattava di andare a caricare nei fiumi gli inerti sui camion di un signore soprannominato Babulotto. Per riempire quel cassone ho contato che ci volevano milletrecentocinquanta palate colme! Il cemento, in confezioni da cinquanta chilogrammi, veniva impastato a mano con la pala.
La calce veniva prodotta con le pietre infornate ad alta temperatura. Non tutte erano adatte. Si sceglievano nel modo seguente: con un chiodo si rigava la pietra, se vi restava un segno bianco era buona per la calce e si metteva da parte.

Col passare degli anni e con l'esperienza sono diventato maestro nella realizzazione di strutture antisismiche nuove e nel consolidamento di quelle vecchie che erano prive di sistemi antisismici.
A conclusione di tanti anni di lavoro potevo dirmi orgoglioso e soddisfatto del mio percorso lavorativo, ma una volta andato in pensione ho realizzato un sogno che avevo sempre coltivato: scolpire il legno.
Questa passione, unita alla passione per gli strumenti musicali, mi ha portato a realizzare vari lavori artigianali di liuteria, come le chitarre, da quella classica a quella battente al chitarrino battente da carovana.

Per costruire a modo questi strumenti ho studiato la loro storia e le loro caratteristiche. E così col tempo, pian piano ho appreso che ...
inizialmente l'antica chitarra., simile a quella che compare disegnata sulla porta della Sfinge in Egitto, aveva quattro cori di corde e così venne ricostruita ancora a quattro cori in corda di budello, fin quando i maestri spagnoli vi aggiunsero una quinta e poi una sesta corda.
Un'altra innovazione fu apportata dal maestro liutaio Andres Segovia che le divise dalla tastiera tra capotasto e ponticello cosiddetto Diabas. Ma l'aspetto più interessante che ho appreso riguarda la qualità del suono. Si continua a misurare sempre allo stesso modo con un codice segreto (che non posso svelare per rispetto di tutti i liutai!) ma nella chitarra battente si usano tutti i cori uguali di sezione 0,10 e possono essere per il gusto dell'armonia a 4 o 5 cori. Possono essere doppi o tripli o quadrupli: più ne ha e più la chitarra è armoniosa. Se la chitarra è piccola deve essere accordata da 1 a 3 ottave prima ...
Ho voluto solo dare una piccola prova che quando si vuole raggiungere un obiettivo, anche difficile e lontano dalle nostre esperienze lavorative, come produrre i suoni musicali, ci possiamo riuscire.
Con amore e grande volontà.


Cervicati, 19 maggio 2024

Roberto Mollo
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