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GENEALOGIE.

VALENTONI - AMARELLI
Il concio di Frassia
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Concio della liquirizia Amarelli contrada Frassia
Il cosiddetto "concio di Frassia" era un'antica fabbrica di liquirizia risalente al XVIII secolo appartenuta alla famiglia Amarelli. Un alto camino e un edificio, entrambi in mattoni e ancora oggi visibili lungo la provinciale 241, in prossimità della stazione ferroviaria di Mongrassano, segnalano la presenza di un impianto industriale dismesso.
La fabbrica prese il nome dalla contrada su cui sorgeva, la quale a sua volta lo ebbe dai proprietari dei terreni, i signori Frassia. Il cognome Frassia compare varie volte nella cosiddetta Platea delle Clarisse di San Marco Argentano, con riferimento a proprietà possedute da vari membri della nobile famiglia. Lo stesso monastero delle Vergini di Santa Chiara, le Clarisse, attualmente sede municipale, sorse nella zona a monte della Giudeca e limitrofa ad essa, dove si trovavano alcune case della famiglia Frassia.
Perché una fabbrica della prestigiosa e più antica industria della liquirizia sorse proprio in quella contrada? Il fattore principale fu la specificità del territorio ai fini della crescita della pianta, che proprio nelle aree prossime alle rive del fiume Crati aveva la maggior diffusione e, a quanto leggo, una qualità migliore.
La scelta del terreno su cui sorse la fabbrica fu dovuta, invece, ai buoni rapporti che legavano le due famiglie, gli Amarelli di Rossano e i Frassia di San Marco.
I rapporti andavano anche oltre la semplice amicizia, in quanto nel corso degli anni vi erano stati alcuni apparentamenti che avevano ancor più rinsaldato amicizie e comuni interessi. Stiamo parlando, ovviamente, delle famiglie più ricche, quelle che possedevano terre, masserie e denaro sonante, e di un periodo a cavallo tra i secoli XVI e XVII.
Se sfogliamo il registro dei battesimi, ancora fortunosamente conservato nell'archivio diocesano, troviamo che il 16 aprile 1631 fu battezzato un figlio di don Carlo Valentoni e di donna Passidia Amarelli della città di Rossano. Gli fu dato il nome Cesare. Padrini furono il signor Filippo Candela e la signora Antonia Valentoni Selvaggia (sic).
Tra la famiglia Valentoni e la famiglia Frassia esisteva un legame di parentela. Filippa Valentoni aveva sposato Carlo Gonzaga, chiamato Creacolo, e un loro figlio, Domenico, detta Menicuccio, aveva sposato Sveva Frassia1, per cui quest'ultima era la nuora di una Valentoni.
Come capitava tra la gente più umile, quando bisognava dare una mano a familiari, parenti o amici, sprovvisti di strumenti casalinghi o di lavoro, prestando o regalando loro una scodella o una zappa, allo stesso modo nei ceti più ricchi le parentele, le affinità e i comparaggi, servivano a reperire le risorse necessarie per avviare o ingrandire un'impresa.
Questo matrimonio tra un membro della famiglia Valentoni (affini dei Frassia) con un'Amarelli sarà l'occasione per quest'ultima famiglia, dopo oltre un secolo, di impiantare una fabbrica (la prima sorse a Rossano) di un prodotto di eccellenza anche nella nostra zona.
Il matrimonio tra don Cesare e donna Passidia dovette essere abbastanza solido, considerando che i nomi Cesare e Carlo ricorrono nel prosieguo della genealogia Valentoni e, se la mia supposizione sui motivi che favorirono l'impianto della fabbrica Amarelli a Frassia ha un qualche fondamento, devo aggiungere che anche la fabbrica e soprattutto il gigantesco fumaiuolo ebbero la loro solidità.
Che cosa intendo dire? Quello che riferisce un testimone dell'epoca, "mentre tutte le case coloniche disseminate nella campagna, sulla sinistra del Crati, fra il vallone di Finita, e Tarsia, sono danneggiate o cadenti, una fabbrica di liquerizia, di Amarelli (al Concio di Frassia) interamente costruita in mattoni, insieme al suo fumaiuolo, alto circa 16 m, non ha sofferto minimamente2 (a causa del terremoto).


San Marco Argentano, 28 aprile 2025

Paolo Chiaselotti

1Vedi Genealogia Gonzaga
2 Cortese E., Il terremoto di Bisignano del 3 dicembre 1887, in "Annali dell'Ufficio Centrale Meteorologico e Geodinamico Italiano", s.II, vol.8 (1886), pp.61-66. Roma 1888
(SEGNALO QUESTA INTERESSANTE PAGINA SUI TERREMOTI: https://doi.org/10.6092/ingv.it-cfti5)



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