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ACCADDE OGGI - RICORRENZE DI EVENTI ACCADUTI


ERA IL 9 GIUGNO 1917 ...



Quella di oggi è storia recente, almeno per me che abitualmente vado a scovare eventi accaduti nell'Ottocento. Si tratta di un matrimonio avvenuto appena un secolo fa, il nove giugno del millenovecentodiciassette. Lo sposo si chiamava Vincenzo Salvatore, aveva ventotto anni ed era negoziante, la sposa di dieci anni più giovane, si chiamava Elvira. Lei era oriunda di San Marco, lui veniva da un'altra regione. Per ricreare la storia che li riguarda potremmo immaginare un'ambientazione alla Comencini, il regista della serie "Pane, amore e fantasia".
Vincenzo era un bell'uomo, carabiniere per giunta, anche se da poco aveva lasciato la divisa per dedicarsi ad un'attività che gli consentisse di sposarsi e metter casa in maniera stabile. Veniva da San Martino di Finita, dove aveva svolto servizio negli ultimi mesi, ma era nato a Campi Salentina, o Campie, come la chiamava lui, in provincia di Lecce.
Elvira veniva, invece, da molto lontano, dalle Americhe come si diceva allora, o per meglio dire dall'America du lisciu, cioè dal Brasile, dove era nata a San Paolo. Quell'uomo sicuro di sè, che aveva da poco aperto un negozio di alimentari con annessa osteria sul retro, sulla via del Re soldato, era una vera garanzia per una fanciulla appena maggiorenne, orfana di entrambi i genitori.
Le nonne, le zie, le cugine maggiori videro in Vincenzo proprio un Salvatore, come il secondo nome che portava, e così Maria Giuseppa Giannico e Rosa Postiglione diedero il loro assenso incondizionato al matrimonio della loro nipote: sì Vincenzo era l'uomo giusto per Nicoletta, come era chiamata Elvira in ricordo della buon'anima della mamma.
Quando Rosa Postiglione ricordava l'arrivo in America aggiungeva sempre "un ci fussimu mai juti", e l'altra nonna, Maria Giuseppa Giannico, concludeva, piangendo l'ultimo suo figlio, Luigi: "u 'chiù bieddru".
Famiglie grosse, le loro, alle quali non mancava niente: avevano un mestiere alle mani, la casa, un po' di terra. Tutti conoscevano i Talarico, "chiri du Luongu", e i "'Ndriuoli"; tutti brava gente.
I parenti di Elvira c'erano tutti al matrimonio e non mancarono commenti, piccoli pettegolezzi e apprezzamenti, come quando Elvira firmò con disinvoltura l'atto. Saper scrivere a quel tempo, soprattutto per le donne, era cosa rarissima, ma l'americana leggeva e scriveva. Che fortuna! Belli, bravi, struiti: AUGURI E FIGLI MASCHI!!! Gli auguri erano sinceri, anche se in quell'anno la guerra faceva tremare le vene e i polsi, a genitori, e figli in attesa di partire o già impegnati sul fronte.
Ad agosto del 1918 nacque il primo figlio di Vincenzo e di Elvira: lo chiamarono come il nonno, Giuseppe Rapanà. La guerra finirà dopo pochi mesi, e nuove speranze si riaccesero, anche nei cuori dei due giovani sposi.
Dal 1918 al 1934 dieci figli; non tutti riuscirono a superare i primi mesi o anni di vita, ma la gran parte di essi ci riuscì. Ogni nascita era un nuovo compare, ogni compare era un nuovo legame sociale, che nutriva affetti ed economie, che crescevano assieme con reciproco aiuto e solidarietà. Ci si univa anche attraverso nomi uguali: Dario e Dario, Corradino e Corradina marcarono il reciproco rispetto con la famiglia di "cumpa' Vicienzu Viggianu".
Elvira "Nicoletta" non era più sola e l'America era lontana, come i ricordi di terre e persone che lei ricordava come in un sogno. La grande famiglia era tutta lì: la casa all'ingresso del paese, sulla strada da dove entravano compari, conoscenti e amici da Cervicati, Mongrassano, Cerzeto, vicino alla fontana, alla fontana di Rapanà, quella per andare alla passeggiata dei castagni. Il lavoro era cento passi più sotto, nella cantina dove amici e viandanti si fermavano a bere un buon bicchiere di vino.

Eh ... "a'mmidia" e forse anche "a pulitica": la fontana di Rapanà intitolata ai comunisti!
E, sì la politica: anni di grandi passioni. Sembrava che la gente fosse nata già marchiata: democristiani e comunisti.
E i Rapanà, si sa, "su' sempre stati democristiani"!
San Marco Argentano, 9 giugno 2017

Con affetto
Paolo Chiaselotti
(già sindaco comunista)


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