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L'ANTISTORIA



ROBERTO IL GUISCARDO E LE DONNE:
ALBERADA
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Amanti Potrei definire questa e la prossima puntata come un'antistoria al femminile, poiché riguardano le due mogli del Guiscardo: Alberada di Buonalbergo e Sichelgaita di Salerno.

Come al solito vi riferisco notizie di ... prima mano, ricavate direttamente dalle fonti.

Iniziamo dalla cronaca di Amato di Montecassino.
Come abbiamo visto nella precedente puntata il primo a complimentarsi con Roberto d'Altavilla, per la strategia messa in atto nell'estorcere una notevole somma di denaro a Pietro di Tira, signore di Bisignano, fu Gerardo di Buonalbergo.

In quell'occasione il signore beneventano, di origine normanna, propose all'astuto condottiero di prendere in moglie la zia paterna Alberada. Si trattava di un matrimonio di convenienza, perché in nessuna parte del racconto Amato o altri parlano di innamoramento.
Nulla di strano, visto che le unioni servivano ad estendere il potere attraverso l'allargamento della cerchia familiare. La zia era per entrambi, promesso sposo e nipote, l'occasione per dominare la Calabria.
Il braccio e la mente potremmo definirli, in quanto all'innata astuzia di Roberto si univano i duecento cavalieri di Gerardo.
All'ambizioso duca, più del matrimonio con una nobile normanna, dovette apparire una fortuna inaspettata quell'apporto di un piccolo esercito, grazie al quale avrebbe accresciuto potere e ricchezza.

Dove si trovava Roberto nel momento in cui gli venne offerta questa ghiotta occasione? In Puglia, in casa del fratello il conte Umfredo, al quale il nostro giovane e intraprendente condottiero dovette chiedere il permesso di sposarsi. Come avvenne il tutto? La narrazione dell'evento da parte di Amato di Montecassino (come sempre ricordo che si tratta della versione in antico francese scritta due secoli dopo) è esaustiva di ogni passaggio, tranne che sulla figura della sposa, della quale oltre al nome francesizzato Adverarde e alle sue origini, ignoriamo tutto.

Roberto rimane contento delle parole di Gerardo e si appresta ad andare dal Conte suo fratello (Umfredo). E gli chiede l'autorizzazione a questo matrimonio. Ma al Conte non piacque, e disapprovò questo matrimonio. In un'altra occasione Roberto lo pregò in ginocchio di concedergli il matrimonio, ma il Conte lo cacciò via dicendo e ordinandogli che in nessun modo doveva fare questo apparentamento. Supplicò (Roberto) i maggiorenti della corte perché pregassero suo fratello il Conte perché non fosse così severo e che non gli facesse perdere questa opportunità. Alla fine il Conte acconsentì. E così Roberto prese moglie: si chiamava Adverarde. E Gerardo divenne cavaliere, di Roberto. Poi venne in Calabria (Roberto) e conquistò città e castelli, facendo terra bruciata (devora la terre).

La conclusione del cronista è che ciò portò grandi benefici a Roberto Guiscardo. Facendo un'analisi degli eventi dobbiamo concludere che quel matrimonio avvenne in Puglia o in Campania, nel paese della sposa. Ignoriamo la data, ma dovrebbe essere intorno al 1050. Da allora fino al 1058, come afferma il Malaterra, Roberto abitò a San Marco, dove nacque Marco Boemondo.

Alberada resta una figura anonima, al punto che gli altri due cronisti, Goffredo Malaterra e Guglielmo di Puglia, la citeranno soltanto nel momento in cui il matrimonio sarà annullato e Roberto potrà sposare la principessa longobarda Sikelgaita. Guglielmo non ne riporta neppure il nome (prima coniuge pro sanguinitate repulsa)

Che altro sappiamo di lei? Beh, una cosa è certa: che morì. E fortunatamente la sua tomba si trova ancora intatta a Venosa con questa importante epigrafe: GUISCARDI CONIUX ABERADA HAC CONDITUR ARCA, seguita dall'indicazione della città di Canosa dove è sepolto il figlio Boemondo: SI GENITUS QUAERES HUNC CANUSIUM HABET (Da quest'arca Aberada moglie del Guiscardo è protetta, se cercherai il figlio lo ha Canosa).

Infine c'è un documento che la riguarda, riportato da uno storico francese vissuto nell'Ottocento, il sacerdote Odon Delarc, il quale in una sua opera sui Normanni trascrive una donazione di Alberada fatta nel luglio 1122, conservata nel convento di Cava [oggi dei Tirreni], settantadue anni dopo il matrimonio con il Guiscardo, con nomi e cognomi di due successivi consorti. L'onesto ricercatore conclude tuttavia la trascrizione del documento con la seguente frase: le vrai peut quelquefois ñ'être pas vraisemblabe?

L'immagine che ha introdotto questa puntata dell'antistoria rappresenta Alberada, usata e abbandonata. Devo tuttavia far presente che l'atto di trattenere lo sposo non avvenne, in quanto sappiamo tutti come andò a finire la sua storia con Roberto. La miniatura, infatti, non ha nulla a che fare con i protagonisti di questa puntata, ma è una delle tante figurazioni medievali, in questo caso ispirata al racconto biblico di Giuseppe che fugge dalla moglie di Putifarre.

Alla prossima puntata dell'antistoria.

San Marco Argentano, 9 febbraio 2019

Paolo Chiaselotti



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