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Se potessi tornare indietro, forse, userei altre parole di quelle usate per
spiegare il 'marcio' che c'era dietro la nascita della diocesi di San Marco Argentano, ma mi rendo
conto che aggraverei ancor più la mia posizione di antistorico.
Nel convegno sull'Antistoria1 da me tenuto il 5 giugno 2025 il prof. Ruggero De Rosa mi ha posto una domanda puntuale e pertinente, alla quale mi sono accorto, in seguito, di non aver dato una risposta. Egli ha chiesto conto della mia affermazione che ci sarebbe stata una congiura da parte del cardinal Sirleto per accreditare la legittimità della sede episcopale a San Marco Argentano dopo ben quattro secoli di ininterrotte presenze vescovili. Ho risposto genericamente che mancavano i presupposti fondativi della sede episcopale. La serie dei vescovi sammarchesi ebbe inizio dopo lo spostamento e la morte dell'ultimo vescovo di Malvito, Gualtiero II, nella nostra città dove esisteva, non più a confine, ma al suo interno la "ecclesia Sancti Nicola de Sancto Marcho", con tutte le sue pertinenze, che gli apparteneva. Da dove gli derivava tale proprietà? Gli era stata assegnata da Ruggero II, re di Sicilia, con diploma del 11442. Possiamo considerare ciò l'istituzione di una nuova sede episcopale sostitutiva di Malvito? Credo proprio di no. Atteso che Alessandro Pratesi esclude una falsificazione del documento, definendolo un originale, si tratta di un appiglio o addirittura di un espediente voluto, grazie al quale ebbe inizio la residenza dei vescovi a San Marco e non più a Malvito. A prova di quanto affermo ci sono le costanti e tuttora attuali controversie sulla nascita della sede episcopale a San Marco, sulla possibile coesistenza di due sedi, sulla presenza di un arcivescovo Argentanae urbis alla traslazione delle spoglie di San Nicola di Bari nel 10873, sulla probabile nomina di un vescovo da parte di Roberto il Guiscardo ecc. ecc. Come potremmo definire questa nuova dimora del vescovo di Malvito? Trasferimento di sede episcopale? Istituzione di nuova sede episcopale? o semplicemente la dimora del vescovo titolare della cattedra di Malvito in un terreno di sua proprietà in una città diversa, non più soggetta alla sua giurisdizione? Un bel pasticcio confermato dalla raccolta delle Carte Latine di abbazie calabresi di Alessandro Pratesi, nel senso che non esiste alcun documento di istituzione o trasferimento della sede episcopale a San Marco Argentano o altro documento che faccia riferimento alla nomina o elezione di un vescovo. Se a me, che sono un completo ignorante di questioni religiose, sorge questo legittimo dubbio, credo che altri, ben più preparati e competenti, avrebbero in tutti questi secoli saputo dirimere un così banale problema, se solo avessero avuto modo per farlo. Credo che sia mancato proprio il modo, altrimenti perché andare alla inutile ricerca di un vescovo antecedente a Gualtiero e presente a San Marco in forma indipendente da Malvito? Perché affermare senza alcuna prova che Roberto il Guiscardo avrebbe potuto nominare d'autorità un proprio vescovo? Una lettura attenta del diploma di Ruggero II e ancor più l'attestazione, in esso contenuta, dell'esibizione di un sigillo datato 1087 a conferma di una precedente donazione di Roberto il Guiscardo a Gualtiero I del bene e dei benefici oggetto della ratifica regia, non fanno altro che confermare l'inesistenza di un episcopio sammarchese, in quanto sanciscono una legittima estensione dei poteri episcopali malvitani in territorio "de Santo Marcho". Quando si afferma che da quel momento, con il trasferimento della diocesi da Malvito a San Marco, ha inizio la serie dei vescovi sammarchesi si pospone la verità. Bisognerebbe dire che da quel momento, con la nomina di vescovi a San Marco, si ha di fatto lo spostamento della sede della diocesi, che è cosa ben diversa. Come e quando si cercò di porre rimedio è la risposta che io avrei dovuto dare al fin troppo modesto prof. De Rosa. Ho definito l'operazione avvenuta secoli dopo con il cardinale Sirleto una piccola congiura operata a fin di bene, che non è, però, una risposta alla sua domanda, ma la constatazione che da quel momento la diocesi di San Marco aveva a sua disposizione l'appiglio di un'origine apostolica. Perché l'ho definita una congiura? Perché il cardinale Sirleto era figura di alto profilo e prestigio nella biblioteca vaticana a lui affidata e il passaggio dell'apostolo Marco da lui riferito a tal Consalvo Gonzaga puzza talmente di 'bruciato' che neppure padre Francesco Russo ritenne opportuno citare questo passa parola nella sua opera apologetica sui Martiri Argentanesi. Ritornando alla domanda del prof. De Rosa e alla mia mancata risposta, perché la questione si presentò a distanza di secoli? Se vi dicessi che non lo so non mi credereste, pensando che io abbia una mia idea in proposito e che non voglia esprimerla per timore di sbagliare, per cui sono costretto a dare una risposta. L'interesse alla permanenza di una sede episcopale in loco non riguardava più il solo potere temporale e spirituale della Chiesa, ma anche quello laico nelle persone dei signori che si succedettero nelle rispettive titolarità nobiliari, poteri comunque strettamente legati e interdipendenti. Se questo valeva per le città sedi di cattedra episcopale, valeva maggiormente per quelle che ambivano a guadagnarsi un tale privilegio. Ma come provare che altre città, ad esempio Bisignano o Altomonte o la stessa Malvito, abbiano avanzato diritti o pretese per ottenere legittimamente la sede della diocesi detenuta da San Marco? Vi furono dal periodo della nomina dei primi vescovi fino al Cinquecento tentativi di sottrarre a San Marco la sede della diocesi? Ecco perché poco prima affermavo di non saper rispondere, perché non ho prove per affermare questa mia supposizione, ma tuttavia esistono argomentazioni, a partire dal XVI secolo, tendenti a legittimare il trasferimento della sede da Malvito a San Marco o di accreditarne la nascita. Ritengo ovvio che se esistono argomentazioni in tal senso debbano esservi stati dei motivi che le hanno sollevate e alcune 'leggende' che circolavano all'epoca avevano tutte l'obiettivo di accreditare il passaggio di sede vescovile da Malvito a San Marco o una origine antecedente. Ne cito tre, quelle più inverosimili, che, però, denotano i tentativi estremi di arginare il pericolo della perdita di sede episcopale. La leggenda di una scomunica avvenuta oltre un secolo e mezzo prima alla sede di Malvito a causa del tentativo dei Malvitani di uccidere il proprio vescovo Abbondanzio, la leggenda del passaggio di Marco Evangelista e il battesimo dei Martiri, la leggenda del trasferimento delle reliquie di costoro ad opera del Guiscardo dalla cattedrale di San Marco a Venosa. Guardando con scrupolo alla loro esegesi, appare evidente che nessuna di tali argomentazioni ha in sè una professione di fede, ma caso mai la necessità di inculcare una fede troppo labile o inesistente. Non era questo, naturalmente l'obiettivo della chiesa sammarchese; lo dico solo per far risaltare l'assurdo che a distanza di anni nessun credente fosse a conoscenza che l'Evangelista fosse passato da qui, che vi fossero stati dei martiri, le cui reliquie furono trasferite dal Guiscardo a Venosa, tranne Sirleto, Consalvo Aragona, e poi a seguire gli allievi del cardinale, Giovanni Giovine e Gabriele Barrio. Come si spiega un così lungo periodo di obsolescenza collettiva tra i fedeli di San Marco ai quali si attribuisce la continuità della tradizione?! Se, addirittura, a distanza di secoli il vescovo di San Marco Argentano mons. Rateni ha sentito la necessità di 'accertare' l'esistenza dei Martiri Argentanesi, dei quali non poteva ignorare che esistesse quell'antica e consolidata devozione a cui fa riferimento padre Francesco Russo, devo dedurre che alla base di tutto ciò non c'era un accertamento di prove ai fini della fede, ma unicamente che la sede episcopale di San Marco Argentano aveva la piena legittimità derivante dall'origine martirologica. Non mi azzardo a dare un giudizio di merito sulla condotta attuata per ottenere i fini predetti, ma, come ho detto nel convegno, la ricerca di una via per confermare la permanenza della cattedra vescovile a San Marco è comprensibile e, sotto taluni punti di vista, anche condivisibile. Desta senz'altro meraviglia che la diocesi di San Marco abbia attraversato otto secoli di vicissitudini storiche senza mai rinunciare a quegli aspetti controversi che hanno finito per fare parte definitiva della sua incredibile storia. San Marco Argentano, 22 giugno 2025 Paolo Chiaselotti
1 Vedi intervento prof. Ruggero De Rosa
2 Carte Latine di abbazie calabresi provenienti dall'archivio Aldobrandini, di Alessandro Pratesi, collane studi e testi n.197, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958. Doc.n.13, Rogerii regis diploma, 1144 ottobre 24, Messina, pag.38. 3 Vedi pagina Antistoria su Godoino |
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