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L'ANTISTORIA

LA NASCITA DI ROBERTO


Tancrede de Hauteville
Rivedendo ciò che avevo scritto su Roberto il Guiscardo mi sono accorto di aver trascurato la pagina più importante, quella iniziale, nella quale il personaggio ci viene presentato per la prima volta dal suo principale biografo, Goffredo Malaterra.
Mi riferisco alla nascita che, pur non rappresentando l'aspetto qualificante della sua vita, segna il suo ingresso nella storia, attraverso la figura del padre, Tancredi d'Altavilla, quando decise di metterlo al mondo. Goffredo Malaterra non dà nulla per scontato, incluso il modo con cui Tancredi, signore di Hauteville, decide di unirsi carnalmente con la seconda moglie Frensenda.
Chiunque può verificare quanto ho affermato, leggendo il capitolo IV del Libro I delle Gesta e in particolare il secondo paragrafo, che in sole due righe spiega quale genere di coito scelse il padre di Roberto invece di dar sfogo ai suoi istinti in un bordello.
Immagino già i commenti che si saranno levati di fronte alle mie affermazioni e quanti, conoscendo il latino, si siano affrettati a leggere il testo originale. E immagino, anche, quanti estimatori dei protagonisti delle Gesta, abbiano deciso di chiudere per sempre lo sconcio scempio che sto compiendo delle memorie di questi eroi.
Per evitare tutto ciò trascrivo integralmente quanto ho letto dal libro di Goffredo Malaterra a proposito della sua copulazione.
Horum matre defuncta, cum ipsa aetas adhuc viridis patri continentiam denegaret, vir honestus inhonestos coitus abhorrens, secundas nuptias celebravit, malens una et legitima esse contentus, quam se foedo concubinarum amplexu maculari, memor illius apostolici dicti: Unusquisque accipiat uxorem propter fornicationem devitandam, et quod sequitur: Fornicatores et adulteros iudicabit Deus.
facendolo seguire dalla traduzione che ne ho fatto
Morta la loro madre, poiché l'età dell'ancor rigoglioso genitore mal si conciliava con la continenza, da uomo onesto, detestando i rapporti illeciti, celebrò le seconde nozze, preferendo accontentarsi di una legittima unione piuttosto che macchiarsi dello sconcio abbraccio di concubine, memore di quell'ammonimento apostolico, 'Ognuno prenda moglie per evitare la fornicazione', con ciò che segue, 'Dio giudicherà adulteri e fornicatori'.
Poiché, però, il tempo e la consuetudine hanno in qualche maniera attenuato, se non alterato, l'originario significato delle parole, voglio ricordare che quel inhonestos coitus significava unioni illecite, che concubinarum amplexu significava l'abbraccio delle concubine e, infine, che la fornicationem era la frequentazione di bordelli.
Mi sembra abbastanza evidente che il Malaterra abbia volutamente posto l'accento sui costumi e sulle consuetudini sessuali che un uomo del tempo praticava senza destare eccessivo scandalo, visto che a ricordare i princìpi morali a cui un buon cristiano doveva obbligatoriamente attenersi nell'unione con una donna c'è quell'ammonimento tratto dalla lettera di Paolo ai Corinzi.
È altrettanto evidente che da questo paragrafo la figura di Tancredi d'Altavilla risulta pienamente rispondente ai princìpi critiani e di conseguenza la sua dinastia è priva di quella macchia derivante dal concubinarum amplexu. Il seguito del racconto del Malaterra confermerà quella caratteristica di cui un cavaliere potrà vantarsi, il coraggio. Insomma potremmo dire che Ruggiero e Roberto siano il prototipo di quel modello di cavaliere senza macchia e senza paura impersonato secoli dopo, quando esso era ormai al tramonto, da Pierre Terrail signore di Bayard.
Perché Goffredo Malaterra abbia scelto il secondo matrimonio, quello con Fresenda (o Frensenda, come leggo sulla versione delle Gesta presa in esame) e non il primo con Muriella, da cui erano nati Guglielmo Braccio di Ferro, Drogone e Umfredo, dovrebbe far riflettere, considerando che il rapporto di Roberto con la famiglia di origine è affidato soprattutto ai citati fratelli maggiori che si alternarono nel fornire consigli e sostegno all'inesperto Roberto.
Dopo il paragrafo in cui Tancredi viene esaltato per i suoi princìpi nella nuova unione coniugale, c'è un più ampio paragrafo in cui sono esaltate le virtù di Fresenda e i suoi meriti di madre ed educatrice.
La nuova sposa, non meno generosa e morigerata della prima, si chiamava Frensenda e dalla regolare unione coniugale generò, di pari dignità e valore ai predetti fratelli, sette figli, di cui appresso citiamo i nomi: il primo Roberto, detto dalla nascita Guiscardo, in seguito principe di tutta la Puglia e duca di Calabria, uomo di gran saggezza, ingegno, generosità e coraggio, il secondo Malgerio, Guglielmo il terzo, quarto Alveredo, quinto Uberto, sesto Tancredi e settimo Ruggero il giovane, il conte che conquistò la Sicilia.
Crescendo i propri figli con l'affetto premuroso di genitrice, la madre circondava di tanto amore i figli non suoi, ma nati a suo marito dalla prima moglie, che a stento avresti potuto distinguere, tranne per motivi diversi, chi fosse suo figlio e chi no, motivo per cui era ancor più amata dal consorte e maggiormente ammirata da chi la frequentava. I ragazzi, in verità, man mano che crescevano, passando l'uno appresso all'altro dalla pubertà all'adolescenza, iniziarono l'addestramento militare, apprendendo l'arte dei combattimenti equestri e imparando a difendersi e ad attaccare.
Chi era, Moriella, la prima moglie di Tancredi? Di lei il Malaterra non ci dice nulla tranne che era di ottima famiglia e di sani princìpi e che da lei, nell'arco della legittima unione, Tancredi ebbe cinque figli: Guglielmo detto Braccio di Ferro, Drogone, Umfredo, Goffredo e Serlone.
Sia in questo caso che nel secondo matrimonio non sono computate nè citate le figlie.

San Marco Argentano, 29 novembre 2024

Paolo Chiaselotti


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