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L'ANTISTORIA.

MLATERRA A PRATO?

Veduta di Prato dalla pianura del Fullone

Veduta di Prato dalla pianura del Fullone, ovvero l'estensione di prato Marco come poteva essere al tempo del racconto di Malaterra


Ho già trattato l'argomento riguardante la sosta a Prato nel 1098 di un poderoso esercito guidato da Ruggero il Gran Conte, diretto a Capua per assediarla e resituirla a Riccardo II 1.
Per le notizie generali rimando il lettore a detta pagina dal titolo Prato Marco. Qui, invece, voglio approfondire alcuni contenuti della notizia riportata da Goffredo Malaterra su una curiosa circostanza: la veduta da Prato di greggi affidate a Saraceni.
Anche in questo caso, come aveva fatto con gli Sclavi, sembra quasi che il Malaterra abbia voluto riservare a noi sammarchesi alcuni aspetti delle Gesta di Ruggero e di Roberto d'Altavilla legati alla società del tempo, soffermandosi su particolari assolutamente unici.
Le greggi si trovavano sui pendii delle montagne e come se fosse presente a quella scena, il Malaterra, invita il lettore a metterla in relazione al passo della Genesi riguardante Giacobbe e Làbano.
Non conoscevo i particolari del racconto biblico a cui il Malaterra fa riferimento, ma una volta trovati non vi nascondo che l'accostamento tra i Saraceni a cui sono affidate le greggi e il protagonista del racconto, Giacobbe, che fraudolentemente diventerà padrone degli animali da lui custoditi, ha sollevato più di una curiosità.
Il primo interrogativo che mi sono posto è se Malaterra sottintendesse che tutti i 'servi' si arricchivano alle spalle del padrone e, a maggior ragione, i saraceni che, oltre a badare agli animali, erano arruolati negli eserciti cristiani, incluso quello al seguito di Ruggero.
La curiosità maggiore mi è sorta dopo aver consultato il sito blogphilosophica.wordpress.com informatissimo sui vari contenuti biblici. A proposito del patto di subordinazione di Giacobbe a Làbano (erano genero e suocero), fornisce informazioni particolareggiate su un espediente adottato da Giacobbe per far nascere agnelli e capretti con particolari caratteristiche fisiche. Si tratta del ricorso ad un presunto metodo naturale per cui gli animali, quando erano pronti all'accoppiamento, nell'abbeverarsi presso una fonte in cui erano immersi ramoscelli di tre diversi alberi, avrebbero apportato mutazioni genetiche nei nascituri. Non mi dilungo su questi particolari, che affondano le radici nelle credenze popolari e nelle convinzioni scientifiche del tempo, ma non posso fare a meno di collegare questo fatto ad una specifica competenza che i saraceni potessero avere nell'allevamento di ovini e caprini, tanto da essere richiesti per essa, oltre all'abilità di star dietro alle loro bestie in luoghi impervi.
Nella pagina riguardante la prima 'scoperta' di Prato Marco, avevo accostato in maniera superficiale la presenza di saraceni al paese che ne porta il nome, Saracena. Oggi credo che il racconto di Malaterra possa tornare utile per motivare l'origine del suo nome.
Da quale fonte poteva aver appreso Goffredo Malaterra una simile informazione? Certamente non si trattava di un episodio occasionale legato al passaggio delle truppe normanne nei luoghi predetti, ma verosimilmente ad una presenza di saraceni antecedente e prolungatasi nel tempo.
Ancor più intrigante potrebbe essere un parallelo tra la storia della Genesi e eventuali pratiche di selezione della specie, applicate in forme consapevoli dai saraceni. Senz'altro le notizie attinenti a questa o le altre curiosità che ho evidenziato possiamo trovarle, attraverso la rete, su siti che ne parlano in maniera più approfondita. Sapere, però, che uno storico come il Malaterra si sia soffermato sul territorio da dove iniziò la dominazione normanna in Calabria, lasciando in una contrada scarsamente conosciuta un richiamo culturale di tale natura, genera, almeno in me, una certa emozione.
Analoga sensazione, mista ad un sentimento di ammirazione, ho provato nel suo ricorso ad una figura retorica (credo si chiami apostrofe) in cui, chiamando a testimonianza il lettore della presenza di greggi guidate da saraceni, gli attribuisce l'intuizione di paragonarli a Giacobbe che curava il bestiame di Làbano. Non solo, ma ne motiva finanche la conoscenza del passo biblico, per diretta lettura, essendo colto, o per averlo sentito dire da altri.
Ho avuto netta l'impressione, da quel costrutto linguistico, che a osservare greggi e monti da Prato Marco fosse lui, il monaco benedettino Goffredo Malaterra! E, anche se non mi crederete, l'emozione di sentirmi da lui chiamato in causa (usa il tu rivolgendosi al lettore), nella mia completa ignoranza della Genesi, mi ha spinto a leggere e rileggere le sue parole, non tanto per capirne il significato, quanto per scoprire ciò che realmente volesse dire.
Ho notato che ha usato in sequenza i verbi vedere, leggere, apprendere, ricordare (videns, legisses, didicisses, recordari) ovvero quelle azioni che sono proprie di chi ha visto, ha approfondito e ricorda le cose che sta narrando. La persona a cui egli si rivolge non è altri che sé stesso, un monaco benedettino, diretto testimone di quella visione, in quanto 'ospite' in qualche occasione dell'abbazia della Matina. A conferma di quanto dico, proviamo a considerare, che egli riferisca esplicitamente ciò che vide.
Avrebbe detto: Vedo Saraceni che pascolano buoi, pecore e anche capre, che mi ricordano, non so se per averlo letto o appreso da qualcuno, le greggi di Giacobbe e Làbano.
Ciò che egli riferisce non ha nulla a che vedere con la presenza di Ruggero sul posto: non è certo Ruggero ad osservare il panorama bucolico! Tanto è vero che per giustificare, nel contesto della narrazione, l'attenzione rivolta ai pastori saraceni, Malaterra aggiunge, gran parte dei quali faceva parte dell'esercito (quorum maxima pars exercitui intererat), che ancora doveva arrivare!
Se Malaterra avesse solo voluto far notare che anche nelle fila dell'esercito c'erano saraceni si sarebbe soffermato su tale presenza, senza mescolarla al ricordo di un passo biblico! E inoltre, c'è, quell'avverbio certe, certamente, che mi induce a sospettare che egli sia combattuto tra il desiderio di apparire e l'obbligo di non rivelarsi. Se non lo hai letto, certamente ne avrai sentito parlare rivela inconsciamente che egli, in quanto monaco, non può non sapere chi fossero Giacobbe e Làbano. Quante volte, noi stessi attribuiamo ad altri il nostro pensiero, per modestia, vergogna o timore di rivelare i nostri sentimenti.
Se fosse vero che Malaterra, per quanto ho sopra dedotto, avesse realmente sostato nella nostra abbazia e visitato i luoghi di cui parla, sarebbe una bella scoperta, ma, per rimanere con i piedi per terra, attendo prudentemente che qualcuno me ne dia conferma.

Nel merito della indubitabile sosta di Ruggero in val di Prato2 rilevo che egli, in attesa dell'esercito, non alloggiò nel castello o civitas, dove sarebbe stato 'di casa'3, nè presso un vescovo che senz'altro lo avrebbe degnamente accolto.
Un simile 'sgarbo' non sarebbe mai avvenuto, tranne nel caso che la città fosse stata priva di entrambe le autorità, sia quella civile che quella religiosa, e fosse stata retta, come credo, da un semplice senescalco. Situazione dolorosa per noi, ma tristemente realistica.
Sono certo, però, che questa seconda considerazione sarà unanimemente e sdegnosamente rifiutata, a beneficio della nostra amata città!

Malaterra, Libro IV, Capitolo XXVI (https://www.thelatinlibrary.com/malaterra4.html)
Ma stabilitosi temporaneamente a Prato Marco, attende che arrivi l'esercito, in ritardo per l'attraversamento del mare e per gli stretti valichi delle montagne rocciose. Vedendo sulle creste montuose della Calabria mandrie di bovini e pecore, e anche di capre essersene appropriati i Saraceni, la maggior parte dei quali formava l'esercito, potresti ricordarti, per analogia con argomento simile, o per averlo letto o quanto meno per sentito dire, delle greggi di Giacobbe e Labano. Radunato l'esercito, ...4 Sed in prato Marco aliquantisper commoratus, exercitum, maris transmeatione et arto scopulosorum montium transitu tardantem, dum veniat, sustinet, videns super iuga montium Calabriae greges armentorum et pecorum, sed et caprarum, in usus Saracenorum, quorum maxima pars exercitui intererat, occupari, ut merito, a collatione similis argumenti, gregum Laban et Iacob, si legisses, vel certe, aliquo referente, didicisses, recordari potuisses. Congregato exercitu, ...

San Marco Argentano, 3.8.2025

Paolo Chiaselotti


1 Riccardo II Drengot, principe di Capua e di Aversa, era pronipote di Ruggero e di Roberto il Guiscardo essendo Fredesenda, loro sorella, sua nonna (Riccardo I Drengot aveva sposato Fredesenda, da loro era nato Giordano I, padre di Riccardo II). Vedi genealogia Altavilla.

2 La conferma che Ruggero si sia fermato proprio a San Marco nel 1098 in attesa del sopraggiungere dell'esercito viene dallo storico Michele Amari, che non cita il prato Marco del Malaterra.
"Crebbe tanto nel millenovantotto il numero dei Musulmani levati in Sicilia, che lo storiografo [Malaterra] afferma non aver il Conte mai capitanato più grosso esercito. Quando furono posti gli alloggiamenti a San Marco di Calabria, pareano innumerevoli le brune tende dei Saraceni;[406] si vedean le colline coperte di lor buoi, pecore, capre, come se vi pascolassero insieme le greggi di Laban e di Giacobbe." Storia dei musulmani di Scilia Michele Amari, Volume terzo, Parte prima, Cap. VII, pag. Firenze Successori le monnier 1868.
L'Amari per esigenze narrative accosta la visione delle greggi alla presenza dell'esercito che ancora, però, non era arrivato.

3 San Marco, all'epoca, apparteneva a Ruggero Borsa, che attendeva lo zio, il gran conte Ruggero, in Puglia, per assediare congiuntamente Capua.

4 Ho leggermente migliorato la traduzione, essendomi accorto che quella originariamente pubblicata era imprecisa in due punti: 1. Ho sostituito dopo essersi fermato per un po' con stabilitosi temporaneamente e 2. affidate ai Saraceni con essersene appropriati i Saraceni. Soprattutto quest'ultima sostituzione fa capire che non ci fu affidamento, ma appropriazione. Michele Amari anticipando l'arrivo dell'esercito e mettendo in relazione i Saraceni in esso arruolati con i Saraceni che pascolavano le greggi pare che identifichi costoro in una medesima presenza, mentre ritengo che Malaterra abbia fatto riferimento a pastori saraceni del luogo, precisando nello stesso tempo che nell'esercito erano pure presenti saraceni (non essendo un latinista, nè uno storico, gradirei correzioni, interpretazioni diverse e suggerimenti).



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