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L'ANTISTORIA



ROBERTO IL GUISCARDO: L'ORDALIA


ordalia L'antistoria di oggi è un'antistoria per eccellenza, ma prima di raccontarvela vi devo spiegare di cosa tratta.

L'argomento riguarda una prova testimoniale molto in uso nel medioevo, la quale consisteva nel verificare la veridicità di un'affermazione o di un giuramento, attraverso la cosiddetta prova del fuoco. Il termine usato era ordalia, o anche prova di Dio, che poteva svolgersi in vari modi, duello incluso, ma nella maggior parte dei casi attraverso un patimento.

La vicenda, che come sempre riguarda il nostro beneamato duca Roberto, è narrata dall'anonimo traduttore francese di Amato di Montecassino nel quinto capitolo del Libro IV dell'Historia Normannorum. L'autore -non sappiamo quanto abbia rispettato l'originale latino nella sua trasposizione in francese antico e dialettale- dà per scontato che tutti siano al corrente della prova di Dio e di come si svolgesse, per cui quando dice che veniva impugnata l'arma o ferro, bisogna sapere che si tratta di strumento rovente.

Senza alcun commento vi riporto il testo, nella speranza di averlo ben interpretato, dichiarandomi fin d'ora disposto a sottopormi alla prova di Dio, ove mai nascesse il sospetto, in alcuno di voi, di una mia volontaria alterazione del contenuto.

Pietro, figlio di Amico, nutriva grande invidia verso il duca Roberto e cercava di attaccarlo ovunque potesse.
Entra a Melfi, la più grande e importante città di tutta la contea. Quando Roberto viene a sapere che Pietro era entrato a Melfi, l'assedia da tutti i lati e distrugge tutte le lavorazioni intorno.
Gli abitanti della città pregano Pietro di proteggere il grano dei campi, prossimo alla mietitura. Per cui pregano Pietro di osservare la tregua che era stata fatta e che doveva durare tredici giorni.
Roberto rifiuta perchè Pietro era entrato in città senza mantener fede alla tregua. Pietro giura che non lo aveva fatto.


A questo punto c'è un'incompletezza d'informazione, che credo di riempire con la seguente interpretazione. Roberto, avendo già distrutto il raccolto, finge in un primo momento di accettare una tregua per la raccolta del grano, per poi attribuire a Pietro la rottura dell'accordo e la conseguente devastazione dei campi.

Il racconto prosegue quindi con la ricerca delle prove di colpevolezza, cioè l'ordalia.

Il nipote di Pietro prende l'arma (rovente) a dimostrazione che lo zio non aveva rotto la tregua. E il terzo giorno, alla presenza dell'arcivescovo di Benevento, fu osservata la mano del giovane che aveva impugnato il ferro. E fu trovata completamente illesa. Il giovane fu ben osservato in ogni parte del suo corpo, e ciò che non era apparso sulla mano incolpevole, apparve invece in altre parti del corpo, in quanto sotto il braccio aveva una vescica piena d'acqua, dal lato venuto a contatto con il ferro ardente.
Gli abitanti della città si rivoltarono contro Pietro intenzionati ad ucciderlo. Pietro e i suoi fuggirono a Cisterna, mentre Roberto, vittorioso, recupera Melfi. Quindi, senza indugio, parte verso Cisterna per affrontare Pietro.
Prima di tutto ci sarebbe molto da dire sul fatto che non avesse giurato Pietro, bensì suo nipote. E poi, sul perché il ferro non gli avesse scottato la mano, ma il segno apparisse in altra parte del corpo. Al primo quesito si potrebbe rispondere che confidasse in un miracolo trattandosi di ragazzo puro e vergine, al secondo forse si può rispondere: toutes voiez se porra dire
.
Lascio al lettore la personale e libera interpretazione del perchè Dio scegliesse su quale parte del corpo dell'accusato far apparire il segno della sua colpevolezza. Da parte mia dico soltanto che probabilmente l'Onnipotente avrà cercato inutilmente di invalidare la prova. Non voglio pensare che fosse d'accordo col Guiscardo.

Ad una prossima puntata.


San Marco Argentano, 15 aprile 2019

Paolo Chiaselotti

La raffigurazione in alto, dal titolo BENEDICTIO FERRI IN IGNE, è un esempio della cosiddetta Prova di Dio. L'accusato, tenuto sollevato da altra persona, è pronto a prendere in mano il ferro rovente benedetto.


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