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L'ANTISTORIA



ROBERTO IL GUISCARDO: CHE .... !


Guerra Perdonatemi se talvolta la pagina di oggi vira sul volgare. Non sono io a volerlo, ma una sorta di diavoletto cartesiano, che vaga tra storia e antistoria, a seconda dell'impressione che trae dalla lettura. Dico subito, a nome suo ovviamente, che l'antistoria di oggi ci porterà a conoscenza di un altro aspetto inedito del nostro duca: il culo!

Non vi allarmate: è solo metafora! Mi riferisco a quella fortuna sfacciata accostata, con termine quasi universalmente accettato, al fondo schiena. Credo che la cosa aggiunga un nuovo tassello al brand pubblicitario riguardante la nostra città.
Io, se dipendesse da me, inserirei questo racconto verso la fine dei depliant turistici con questa piccola anticipazione. "E infine, come auspicio a tutti voi, un passo di Guglielmo di Puglia sulla fortuna che accompagnava il Guiscardo ..." e a seguire il racconto di oggi.

Pur senza entrare nelle scelte strategiche di marketing dell'assessore al turismo, mi permetto tuttavia di suggerire alle guide turistiche di inserire nelle loro narrazioni anche questo aspetto del Guiscardo, interrompendo la parola alla prima sillaba, accostando, con finto pudore la mano alla bocca. Ho visto come le guide di Pompei accostano i visitatori e soprattutto le visitatrici al concetto di fortuna raffigurato dai romani, i quali, come si sa, ritenevano avesse sede nel membro virile.
Coraggio quindi e passiamo al racconto.

Roberto era alle prese con uno dei suoi innumerevoli assedi e precisamenente nel lunghissimo assedio di Bari (stava sempre in guerra, tanto che viene da chiederci dove trovasse il tempo per i doveri coniugali!).
Colui che dalla parte avversa era stato incaricato di difendere la città era un tal Stefano, bravo, colto e generoso, che era giunto alla conclusione che per porre fine all'assedio bisognasse far fuori il Guiscardo.
A Bari c'era un soldato senza scrupoli. Viscido, irascibile e temerario, era passato dalla parte dei Baresi per un grave torto fattogli dal duca. Stefano gli propone di penetrare nottetempo negli accampamenti del duca e, cogliendolo di sorpresa, ucciderlo con un colpo di giavellotto. In caso di successo sarebbe stato ricompensato con una grossa quantità di oro.
Memore dell'ingiuria subita e allettato dal guadagno, il soldato, di notte, si reca nell'accampamento e, con circospezione e senza essere visto, raggiunge l'alloggio ducale, il cui tetto era ricoperto di frasche per proteggerlo dai rigori invernali. All'ora di cena, il sicario si arrampica fino al colmo della capanna, scruta tra i rami quale posto occupasse a tavola il duca e, infila il giavellotto in uno spazio corrispondente alla posizione occupata a tavola da Roberto.
La lancia parte diritta sulla testa del Guiscardo. È andato! ma qui accade il ... miracolo.1
In quel preciso istante un colpo di tosse costringe il nostro duca a piegare la testa sotto la tavola per sputare il catarro che gli aveva riempito la bocca e che gli salva la vita! La lancia si conficca sul tavolo vuoto. Il soldato si precipita fuori dal campo convinto di aver colpito il bersaglio e porta la notizia in città. Esultano tutti gli abitanti, le urla di gioia arrivano al cielo, fin quando la voce di Roberto riporta tutti alla triste realtà.
E la guerra riprende il suo corso.

Ho liberamente interpretato il brano, rispettando, comunque, la sostanza del racconto di Guglielmo di Puglia e i termini di maggiore importanza usati dal cronista-poeta.
Forse no, ho dimenticato di dire il cognome del difensore di Bari. Si chiamava Stefano Paterano. Se doveste pensare che l'autore abbia inventato questo cognome pensando alla fortuna del Guiscardo, toglietevelo dalla mente. Guglielmo era uno storico.

Ad una prossima puntata.


San Marco Argentano, 1 maggio 2019

Paolo Chiaselotti

1 Explorat ducis ille sedile sedentis ad coenam, mediis et contum frondibus illam Intulit in partem, qua sederat ille; sed ori flegmatis ubertas superaddita fecerat illum sub mensa curvare caput: locus unde repertus est conto vacuus, cassos et pertulit ictus.


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