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L'ANTISTORIA



IL RAPIMENTO DEL SIGNORE DI BISIGNANO


Cavalieri In questa quarta puntata dell'antistoria esamineremo un altro episodio, forse il più noto, del Guiscardo: il sequestro a scopo di estorsione del signore di Bisignano Pietro di Tira.
Gli storici Amato di Montecassino e Goffredo Malaterra narrano l'episodio descrivendo nei minimi particolari le varie fasi del rapimento, inclusa la strategia messa in atto dal duca normanno per la riuscita dell'azione delittuosa.
Chi si avventura, come me, nella storia alla ricerca di scoperte ... sensazionali, senza avere le conoscenze e le competenze necessarie per una lettura critica degli avvenimenti, può diventare un propagatore di notizie false,le quali, nell'epoca dei cosiddetti "social", si diffondono con una rapidità tale da diventare esse le verità storiche a detrimento di quelle frutto di analisi e sudatissime letture.
Vorrei ricordare, come sempre faccio, che la mia è un'antistoria, con tutto ciò di negativo che la parola può suggerire.

Amato di Montecassino ci presenta un Guiscardo direi quasi diabolico. Nell'escogitare il suo piano ricorre ad una delle azioni più spregevoli che un individuo possa compiere: il tradimento della fiducia fondata sull'amore e sul rispetto reciproco. Altro che cavaliere! Non un abile stratega, nè un fiero avversario che sopraffà il proprio nemico, ma un essere perfido e viscido. Forse sto esagerando, e il sangue mi è andato alla testa, ma è come assistere ad un film e io non posso fare a meno di stare dalla parte di Pietro di Bisignano!
Amato di Montecassino nella sua Storia dei Normanni (ricordando sempre che parliamo di una trasposizione in francese di un anonimo vissuto nel XIII secolo) ci spiega che nella vicina città di Visiniane (Bisignano), ricca di oro, animali allevati e stoffe pregiate, abitava Pierre figlio di Tyre (Pietro di Tira). Roberto si accorda con lui, lo prende come padre e Pietro prende lui come figlio. Letteralmente. Si tratta, ovviamente di una sintesi estrema di un patto di sangue, che ignoro come si svolgesse e quali fossero i termini giuridici dell'accordo, ma credo che si trattasse di una sorta di affiliazione. A chi dei due fosse venuta l'idea di questa covenance l'autore non lo dice, ma l'immediata prosecuzione del racconto che vede Pietro e Roberto se covenirent pour parler ensemble, fa supporre che l'oggetto del colloquio riguardasse proprio i termini dell'accordo. Comunque sia, Pietro e i suoi uomini prendono posto in un luogo protetto e Roberto avanza sul campo con i suoi. Quindi Roberto ordina ai suoi di stare indietro e Pierre fa altrettanto. In tal modo si accostano per colloquiare. Pietro offre la bocca per esser baciato e Roberto gli tende le braccia al collo, e i due scendono da cavallo. Ma mentre Pierre è già a terra, Roberto lo afferra di sopra. Accorrono i Normanni e altrettanto i Calabresi. [Risultato:] e Pietro fu portato a la rocca di San Martino e guardato a vista. Poi Roberto si inginocchia, piega le braccia e implora misericordia e confessa di aver commesso peccato. La ricchezza di Pietro e la sua povertà lo avevano costretto a ciò: "Visto che tu sei mio padre, sei in dovere di aiutare il figlio povero. Così la legge del Re, e cioè che il padre ricco deve provvedere in tutto e per tutto alla povertà dei figli. Pierre giura di mantenere la promessa e di pagare duemila soldi d'oro per potersene andare. E sano e salvo fu liberato dalla prigione. Così Roberto restituisce a Pietro la libertà e tutte le sue cose, libere e sicure sia in tempo di pace che di guerra.

Credo di non sbagliare dicendo che stando al racconto di Amato da Montecassino Pietro di Tira ritenne vantaggioso accettare "l'affiliazione" proposta dal Guiscardo (Robert fist covenance avuec cestui; lo prist pour pere, et Pierre l'avoit pris pour filz) per garantirsi la vita e i beni.
È evidente che una lettura meno "sanguigna" del sequestro, mi porta a riflettere su alcuni aspetti non trascurabili. Il primo è il patto che i due si accingono a stringere: diventare padre e figlio. Per quanto mi sforzi di capire se l'espressione sottintenda un istituto previsto da qualche legge dell'epoca, non ho gli strumenti culturali che mi possano essere di aiuto. Anche il bacio che Pietro si appresta a ricevere sulla bocca e le braccia che Roberto tende verso di lui (Et Piere lui offri la bouche pour baisier; et Robert lui tendi les bras au col) più che atti di reciproca amicizia ricordano i gesti rituali di vassallaggio. Il bacio sulla bocca, per quanto ne sappia, aveva un'antica tradizione cristiana (osculum oris) trasferita anche in atti giuridici. Del resto le parole che il Guiscardo rivolge a Pietro dopo averlo sequestrato sono abbastanza esplicative: tu me es pere, covient que aide à lo filz povre, precisando che tale obbligo è previsto nella loi de lo Roy.
Comunque sia, appare chiaro che l'accordo di Roberto aveva il fine recondito di estorcere il denaro al padre "adottivo" in base alle leggi in vigore. Nel capitolo successivo Amato di Montecassino fa derivare proprio da questa astuzia l'appellativo di Guiscardo dato a Roberto da Gerardo di Buonalbergo.

Mi pongo, però, una domanda a cui anche un antistorico ha il dovere di dare una risposta. Era davvero così infido, perfido e viscido il Guiscardo? Certo agli occhi di un buon cristiano doveva esserlo senz'altro, ma visto che a quel tempo lo erano tutti, se non buoni comunque cristiani, forse è meglio affidarci ad un altro cronista dell'epoca, cioè al monaco benedettino Goffredo Malaterra, che ci narra lo stesso episodio nel modo che segue.

In premessa ci dice che il fatto non può essere taciuto, quindi ci spiega che Pietro di Tira era un cittadino di Bisignano ricchissimo, autorevole per virtù e saggezza. Proprio per quest'ultima dote era interpellato allo scopo di dirimere questioni e proprio di questa dote approfitta il Guiscardo con la scusa di dirimere varie controversie tra i suoi uomini. Venuto a conoscenza della sua enorme ricchezza e del prestigio di cui godeva, cominciò a pensare come far sua la città ed estorcergli il denaro che possedeva.
Dopo aver riflettuto ed essersi consultato con i suoi, un giorno, senza alcun preavviso, giunti, fuori del castrum bisignanese, nel campo dove erano soliti discutere, il Guiscardo vedendo Pietro accompagnato da un numero enorme di uomini, manda a dire per un messo che vuole tenersi lontano per timore di eventuali tafferugli e appartarsi, Pietro e lui, in mezzo al campo, lontani dai rispettivi uomini. Prima di ciò aveva dato disposizioni ai suoi di accorrere in aiuto in caso di necessità.
Pietro, acconsentendo alla proposta del Guiscardo e allontanandosi incautamente dai suoi uomini, muove al centro del campo andandogli incontro. Avendo ragionato e colloquiato lungamente, apprestandosi a scendere da cavallo, il Guiscardo, valutata la notevole mole corporea di Pietro, ma confidando nelle proprie forze -era sempre pronto a rischiare- lo afferra e inizia a trascinarlo per il collo verso i suoi.
Accorrono gli uomini da ambo i lati, i Bisignanesi per liberare Pietro, i Normanni per aiutare il loro signore, mentre il Guiscardo ora di peso, ora girandolo, ora trascinandolo, porta l'energumeno fino alle sue fila. I Calabresi, perduta ogni speranza di salvarlo e poco propensi a battersi per lui con i Normanni, scappano a rifugiarsi nel castrum bisignanese.
I Normanni, trionfanti, se lo trasportano fino al castrum di San Marco, da dove, dopo un periodo di prigionia e il pagamento di una notevole somma di denaro, fu rilasciato. Bisignano contribuì solo in minima parte, per il mancato contributo dei suoi abitanti. I Calabresi, stirpe molto pavida, appresa tale astuzia ed altre simili a questa, tremavano tutti al suo cospetto: dicevano che nessuno era come lui, per armi, per intelligenza e forza.
E così il Guiscardo ricevuti tanti soldi, consolida la fedeltà dei suoi uomini compensandoli abbondantemente.
Perseguita sempre più i Calabresi, attaccando quotidianamente Bisignanesi, Cosentini, Marturanesi, e costringe tutta la provincia a stringere un patto con lui, che prevede che le città paghino in solido servitù e tributi, il tutto sancito da garanzie e pegni.

Le due versioni, quella di Amato di Montecassino (nella volgarizzazione dell'anonimo francese) e quella di Goffredo Malaterra, offrono due diverse presentazioni della personalità di Roberto: Amato lo rappresenta come un individuo subdolo, disposto a calpestare anche i sacri vincoli, pur di raggiungere il suo obiettivo, mentre il Malaterra mette in risalto l'astuzia e la forza che non sono in contrasto con il codice cavalleresco.
Amato di Montecassino trae spunto dall'episodio anzidetto per far attribuire a Roberto l'appellativo di Guiscardo da parte del conte Gerardo di Buonalbergo. E non solo, ma in considerazione del ricorso all'apparentamento dell'avventuriero normanno, gliene propone uno di tutto rispetto con sua zia Alverada: Pren ma tante, soror de mon pere, pour moillier, proponendosi come suo alleato con il seguito di duecento cavalieri per la conquista dell'intera Calabria ( et je serai ton chevalier. Et vendrai avec toi pour acquester Calabre, et avec moi IJ. C. chevaliers).

Diversa è l'astuzia descritta da Goffredo Malaterra: uno stratagemma per tenere a debita distanza gli uomini di Pietro di Tira, accompagnato da un'azione di forza, il tutto, comunque, in un ambito che ricalca le forme del torneo cavalleresco, anche se al di fuori di quelle regole. Non solo, ma il cronista si sofferma per ben tre volte sulla inettitudine e la scarsa fedeltà degli avversari ai loro capi: nel caso di Pietro sia quando i suoi uomini rinunciano ad ogni tentativo di sottrarlo al Guiscardo e sia nell'indisponibilità a pagarne il riscatto, per non parlare dei Calabresi nel loro insieme definiti pavidissimi per natura! Insomma Roberto esce da questa triste vicenda coperto di gloria e da questo momento varie città come Cosenza, la stessa Bisignano, Marturano, saranno costrette a sottoscrivere accordi con lui, non a parole, ma con tanto di carta ... bollata! (adiacentem provinciam secum foedus inire coegit, tali videlicet pacto, ut, castra sua retinentes, servitium tantummodo et tributa persolverent: et hoc sacramentis et obsidibus spoponderunt)

Quale sarà il seguito di tutte queste vittorie lo vedremo in una delle prossime puntate dell'antistoria.


San Marco Argentano, 2 febbraio 2019

Paolo Chiaselotti



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