L'ANTISTORIA
RUGGERO - IL DISTACCO DA ROBERTO.

L'attuale piana di Gioia Tauro già Vallis salinarum
Dal sito del Ministero degli interni (https://www.interno.gov.it/)
Goffredo Malaterra in tre capitoli, dal XXI al XXIII, offre al lettore un
quadro efficace dei rapporti tra i fratelli Ruggero e Roberto il Guiscardo
e dei loro rispettivi caratteri, sullo sfondo sbiadito di un improvvisato
tentativo di assedio alla città di Reggio.
Immaginando la narrazione del cronachista medievale come una
rappresentazione teatrale vedremmo i due protagonisti comparire
alternativamente sul proscenio impegnati in un soliloquio il cui soggetto è
l'altro. Il capitolo precedente si era chiuso con un colloquio, in cui entrambi
si congratulavano dei reciproci successi; questo si apre con una comunione di intenti
e il tutto si chiuderà con un distacco pieno di rancore.
Sulla scena si muovono i due fratelli e i loro uomini al seguito, lungo
un percorso montuoso e deserto che è la Calabria assoggettata e impaurita.
I pensieri di Ruggero e di Roberto irrompono nel silenzio generale, tanto da rendere
la spedizione militare il pretesto di un duello tra i protagonisti.
Vediamo, attenendoci il più possibile allo spirito della
narrazione 1, che cosa accadde.
Dopo un soggiorno di Ruggero presso il fratello Roberto, entrambi si preparano, di comune accordo,
per la partenza; attraversando le catene montuose della Calabria, si dirigono verso
Reggio con un poderoso esercito di cavalieri e fanti. Giunti nella Valle delle Saline,
il Guiscardo apprende che i reggini avevano tolto dalla circolazione ogni sorta di viveri,
stipandoli nella città, senza lasciare alcuna cosa che potesse servire all'esercito
nemico.
Consapevole che i suoi uomini, in preda alla fame, non avrebbero mosso un dito per assediare
la città, mandò il fratello Ruggero, con trecento cavalieri, alla fortezza di
Gerace per saccheggiarla, con la viva raccomandazione di portare qualunque genere di vettovaglie,
che avesse potuto sottrarre, al suo esercito alle porte di Reggio.
Ruggero prende la via più breve affrettandosi ad assediare Gerace.
Cercando, quindi, per amore del fratello e di tutto l'esercito, di portare a termine
quanto gli era stato ordinato, perlustra da cima a fondo alture e vallate, come fa
l'ape devota e industriosa, poi fa ritorno dov'era accampato l'esercito,
carico fino all'inverosimile di un bottino talmente enorme che tutti, già quasi
allo stremo, ripresero vita.
Il Guiscardo, resosi conto di non poter più avanzare verso Reggio con l'esercito
che, a causa del rigore invernale, iniziava a rallentare il passo, toglie l'assedio e,
sciolte le fila, se ne va a Maia con pochi uomini, con la scusa di passarvi l'inverno.
Ruggero, venendogli a mancare quanto elargiva ai suoi cavalieri, che reclamavano il dovuto
con insistenza, si rivolge al fratello. Roberto, sempre generoso
col prossimo, istigato da cattivi consiglieri, cominciò a stringere i cordoni
della borsa nei confronti di Ruggero. Aveva notato, infatti, che la leva dei giovani
di tutta la Puglia, più che da lui, era attratta dal carisma di Ruggero. Pertanto,
nel timore che gli si potesse rivoltare contro, mirava a ridurlo all'indigenza, col fine di
tenerselo in casa senza troppe ambizioni. Ruggero, però, che non era un
pusillanime, constatando di essere trattato dal fratello alla pari di una persona
di basso rango o indegna, mentre, invece, con l'aiuto della fortuna, anche lui sarebbe
gradualmente salito in auge, come aveva fatto Roberto, irritato si separò dal fratello
e se ne andò in Puglia.
San Marco Argentano, 6 maggio 2025
Paolo Chiaselotti
1
https://www.thelatinlibrary.com/malaterra.html
" De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis",
Libro I, capitoli XXI, XXII, XXIII
XXI. Sicque cum fratre moratus est, donec communi consilio, paratis his, quae ad expeditionem necessaria
erant, maxima manu equitum et peditum iuga montium Calabriae transcendentes, versus Regium incedunt.
At cum in vallem Salinarum ventum est, Guiscardus, audiens Reginenses omnia circumquaque, quae ad victum
necessaria erant, secum infra urbem clausisse et nihil relictum, quod exercitui congruum foret, providens
ne obsidenda urbe famis angustia exercitum propelleret, Rogerium fratrem cum trecentis militibus versus
castrum, quod Geracium dicitur, in praedam dirigit, summopere admonens ut, quidquid ad victus necessaria
rapere posset, apud Regium exercitui deferret. Ipse, recto itinere gradiens, urbem obsidere accelerat.
XXII. Rogerius vero, studens ad gratiam fratris et totius exercitus, quod sibi iniunctum erat, peragere,
altissimos colles cum profundissimis vallibus perlustrans, ut fidelis et studiosa apes, onustissimus ad
exercitum cum maxima praeda rediit: iamque pene deficientes omnes abundantia recreavit. Guiscardus vero,
videns se versus civitatem minus proficere et exercitum hiemis asperitate tardari, obsessionem solvens,
discensionibusque omnibus datis, ipse apud Maiam, hiemandi gratia, cum paucis secessit.
XXIII. Rogerius itaque, cum quod militibus suis largiretur minus abundaret, et ipsi sibi in exigendo
importuniores essent, a fratre expetit. Ille vero, pravorum consilio usus versus eum, cum caeteris largus
esset, illi strictior quam oportebat esse coepit. Videbat denique, propter strenuitatem quam habebat,
militiam iuvenum totius Apuliae ei, potius quam sibi, adhaerere: unde, et ne contra se insolesceret
metuebat, et, ut paucis contentus secum moraretur, penuria cogere volebat. Porro ille, ut magni animi
erat, sciens se sic a fratre tractari, ut degenerem vel indignum, qui, gradatim ad alta, ut ille fecerat,
et iam ipse, fortuna sibi favente, scanderet, irato animo a fratre recedens, in Apuliam se contulit.
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