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L'ANTISTORIA


RUGGERO E LA CONQUISTA DI REGGIO.

Il castello aragonese di Reggio Calabria
Il castello aragonese di Reggio Calabria (origini VI secolo) (vecchia cartolina, tratto da Wikipedia)

Il racconto del Malaterra, dopo la spedizione di Roberto e Ruggero in aiuto del fratello Goffredo in Capitanata, continua con il loro rientro in Calabria, con il proposito di preparare l'esercito per l'assedio di Reggio.
Siamo nell'approssimarsi dell'inverno e, quindi, in un periodo inadatto per operazioni militari di quel genere, per cui Roberto decide di far ritorno a Melfi, lasciando Ruggero in quella che deve essere ormai considerata la sua terra.
Siamo agli inizi dell'estate del 1059, nella stagione in cui si cominciavano a raccogliere le messi, stando al resoconto dello storico benedettino, quando Roberto parte alla volta di Reggio con un esercito poderoso, unendosi con l'altro approntato da Ruggero. I due fanno a gara ad incitare i propri uomini nell'assedio della città, per fiaccare quella che si annuncia come una difesa estrema, che compie frequenti incursioni contro gli assalitori.
Ruggero è l'eroe della battaglia, ancor più quando si tratta di affrontare una sorta di gigante che, oltre a minacciare e sopraffare i nemici, li ingiuriava impunemente forte del terrore che incuteva: un colpo di lancia ben assestato e il mostro va a farsi benedire!
Fu l'inizio della resa. Gli abitanti, vedendo che le macchine da guerra e le torri venivano accostate sempre più alle mura, consegnano la città e accettano le condizioni imposte. I sopravvissuti che non accettarono di rimanere sotto il dominio normanno si ritirarono nel castello di Squillace.
L'apoteosi della vittoria, a lungo sognata da Roberto, è la sua nomina a duca con onori trionfali, ma Roberto riconoscendo i meriti del fratello Ruggero e di tutti i cavalieri che avevano partecipato all'assedio, in una parata militare durata alcuni giorni, passa per città, castelli e fortezze, presentando Ruggero come colui a cui tutti si sarebbero dovuti assoggettare.
Stanco e soddisfatto, si fece preparare un letto in quel di Reggio, dove riposò per un po' per ritemprarsi dalle fatiche. Ruggero, non lasso di conquiste, avendo oramai acquisito esperienza e, soprattutto, potere, decise di mettere a frutto il giro di presentazioni appropriandosi di undici rinomatissimi castelli. Il resto venne da sè, visto che nessun calabrese avrebbe mai osato opporsi al suo potere. Tutta la Calabria era ormai normanna.
Tutta, tranne Squillace, dove si erano rifugiati i fuorusciti di Reggio.
Che fare? Ruggero, questa volta da solo, organizza l'assedio all'ultimo baluardo calabro. Le cose si complicano o per la stanchezza dei suoi cavalieri o per altri motivi, fatto sta che Ruggero è costretto a smobilitare l'esercito: tutti a casa, non prima, però, di aver fatto erigere dinanzi la porta della città un bel castello d'assedio, a controllo delle azioni nemiche.
I reggini fuggiaschi, avendo capito che il vento non soffiava più a loro favore, nottetempo si imbarcarono e fecero vela alla volta di Costantinopoli. Gli squillacensi, allora, soli e con il catafalco normanno dinanzi alla porta, chiamarono all'interno della città Ruggero e si consegnarono a lui armi, bagagli e castello.
Da quel momento, l'anno 1059, probabilmente in autunno, tutta la Calabria sottomessa ai fratelli Roberto e Ruggero non ebbe più voce. Parola del Malaterra.

Anche in questo caso ho preferito alla traduzione la forma narrativa. Il testo latino, da cui è stata tratta, è riportato integralmente a fondo pagina.


San Marco Argentano, 28 maggio 2025

Paolo Chiaselotti

1 https://www.thelatinlibrary.com/malaterra.html "De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis", Libro I, capitoli dal XXXIV al XXXVII

XXXIV. Tunc comes Gaufredus, Guillimacum castrum adiutorio fratris adeptus, totam Teatinam provinciam fortiter debellare coepit. Robertus vero Guiscardus cum Rogerio fratre in Calabriam secessit; ubi ad utilitatem suam et fratris plurima disponens, et usque Regium praedatum vadens, Rogerio in Calabria remanente, ipse in Apuliam hiematurus regressus est. Hieme vero transita, magno desiderio Regium adipiscendi ardens, commeatu et reliquis, quae necessaria erant, magno studio praeparatis, plurimumque exercitum anno Dominicae incarnationis MLIX congregans, Calabriam venit; fratremque secum accipiens, tempore quo messes colligi incipiebant, Regium praeoccupans obsedit. Porro, illis quasi pro vita tuenda sese fortiter defendentibus, utrique fratres, certatim suos cohortantes, ad oppugnationem castri excitant: unde, cum hostes interdum prosiliunt, multa militariter ab ipsis perpetrata sunt. Nam Rogerius, ne, alios ad militiam arrigens, ipse refugere diceretur, in omni congressu sese sociis praeponens, quendam fortissimum et enormi corpore virum, exercitui Normannorum multis contumeliis exprobrantem, quem omnes quasi gigantem exhorrebant, impetu factu, hastili robore deiciens, interfecit. Hoc itaque taliter interfecto, reliqui, qui intra castrum erant, territi, cum viderent machinamenta ad urbem capiendam parata, eamque usque perduci, viribus suis diffidentes, pactione facta, ut duobus, qui caeteris principari videbantur, cum omnibus suis abire liceret, caeteri omnes, urbe reddita, ditioni Normannorum se subdiderunt. Abeuntes vero sese in castro, quod Sckillacium dicitur, receperunt.

XXXV. Igitur Robertus Guiscardus, accepta urbe, diuturni desiderii sui compos effectus, cum triumphali gloria dux efficitur. Magnasque gratias cum meritorum recompensatione fratri et reliquo exercitui, quorum auxilio tanti culmen honoris attigerat, referens, fratrem cum exercitu per urbes et castra totius provinciae, ut suo imperio subdantur, dirigit, ipse interim a labore se apud Regium recreans.

XXXVI. Rogerius vero, huius artis non ignarus, sapienter exercitum ducens, brevi spatio temporis, nunc minis terrendo, nunc blandimentis mulcendo, undecim famosissima castra lucratus est, in tantum ut iam in tota Calabria nec unum castrum reluctari praesumeret, escepto solo Sckillacio, quod illi tenebant, qui a Regio exierant.

XXXVII. Quod Rogerius obsidens, cum videret celeriter non posse capi, exercitum vero suum laboris taedio affici, castellum quoddam ante portam firmavit militibus, qui Sckillacium sollicitarent, et his, quae militibus necessaria erant, muniens, exercitum ab expeditione solvit. Porro illi, qui a Regio Sckillacium ingressi fuerant, cum viderent se ab illis nimium infestari, quos Rogerius in novo castello ad hoc posuerat, nec diu ferre posse, de nocte navem ingressi, Costantinopolim aufugiunt. Sckillacenses vero, Rogerio arcessito, pacem anno Domini MLIX facientes, castrum reddunt. Sicque tota Calabria, in cospectu Guiscardi ducis et Rogerii fratris sui sedata, siluit.



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