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LA STORIA LE STORIE DELL'ARTE.


LE ANIME PURGANTI.



Commiseratemi, almeno voi, amici miei; dopo le tenebre aspetto la luce.
Benefattore di San Marco

Con questa invocazione un anonimo benefattore di San Marco Argentano fece dipingere il quadro ad olio che si trova attualmente nel coro della chiesa di Sant'Antonio di Padova, alla Riforma. Non conosciamo il nome del pittore e neppure l'anno di esecuzione, tuttavia un richiamo stilistico caravaggesco, probabilmente mutuato dalle opere del pittore napoletano G.Battista Caracciolo, detto il Battistello, e successivi adattamenti rispondenti ai gusti del tempo, fanno risalire l'opera ad anni posteriori al Seicento.
La tela è catalogata dai Beni Culturali di Cosenza, come opera del Settecento, di autore ignoto, con il titolo di "Madonna della Mercede, che intercede per le anime del purgatorio".

Vediamo, attraverso la composizione d'insieme e l'identità dei personaggi, come il pittore abbia interpretato le volontà dell'anonimo penitente.
In alto la figura della Vergine con il Bambino, circondati da teste alate di angioletti, in basso le anime del Purgatorio, ai lati i santi Francesco e Apollonia.
La staticità della composizione è interrotta dalla figura di un angelo soccorrente, dalle braccia aperte, al centro del quadro, in atto di togliere dalle fiamme un purgante. Un cinto a forma di corda scende dalle mani del Bambino, passando per entrambe le palme di San Francesco, a dare appiglio ad una figura femminile.
L'angelo diventa il motore dell'azione che il pittore realizza: le sue braccia aperte, contrapposte al cinto sacro tra le mani di San Francesco, diventano il punto focale e il fulcro del quadro.
Senz'altro affascinato dagli scorci spaziali di angeli di stampo caravaggesco, l'autore ha voluto farne il protagonista del soccorso, ponendolo, in quanto messaggero della salvezza e della speranza, al centro della scena.
Sotto l'anima sollevata c'è il cartiglio barocco con l'invocazione tratta dal libro di Giobbe, privata del seguito: perché la mano del signore si è abbattuta su di me! e sostituita da "Post Tenebras Spero Lucem", che nella Bibbia compare in un capitolo precedente al Miseremini.
La scelta dell'iscrizione denota una buona conoscenza del testo sacro e anche una precisa volontà di esternare una condizione di sofferenza, non sappiamo se trascorsa, o in atto, e di che genere, e soprattutto di confidare nella salvezza.
La frase Post Tenebras Spero Lucem compare in luoghi cimiteriali, ma anche come espressione simbolica della Riforma protestante e, più in generale, interpreta la visione razionalistica in ambito religioso. I richiami nel cartiglio, l'anonimato, il cinto verginale mi fanno supporre che committente possa essere uno dei fratelli delle congregazioni presenti a San Marco.
Miseremini mei L'invocazione agli amici ad essere commiserato tratta dalla Bibbia, con riferimento alle sofferenze di Giobbe, fa pensare a gravi sofferenze, o fisiche o spirituali, alle quali il committente spera di essere sottratto, ma non escluderei accuse o preclusioni, se fosse vera l'appartenenza ad una cerchia di fedeli laici.

La figura di Sant'Apollonia, considerato che l'anima che afferra il cinto salvifico è una donna con lo stesso viso, potrebbe alludere al nome della sofferente, o ad una particolare devozione di cui ignoro l'origine. Più che simbolo di una sofferenza legata alla committenza (un banalissimo mal di denti!), potrebbe invece essere collegata alla professione del "cavadenti", 'cerusico' o barbiere che fosse, forse 'fratello' di una congrega o confraternita assieme ad amici mastri, speziali, laici e religiosi, i cui potenti sodalizi con le severe regole di ammissione sono documentati anche a San Marco.

Il titolo attribuito dalla Soprintendenza di Madonna della Mercede credo sia stato tratto da documenti dell'epoca conservati nell'archivio. Per di più sulle spalle di un'anima, che a mani giunte pare uscire dalle fiamme del Purgatorio, si nota chiaramente uno scapolare. L'ordine religioso che scaturì da questa devozione fu quello dei Mercedari, un 'corpo speciale' fondato sulla carità e sul coraggio, in grado di riscattare i cristiani fatti schiavi dai Musulmani. Un'epigrafe sull'arco esterno della chiesa, sopra la via Dante Alighieri, ne glorifica nomi e fede nella cosiddetta Esaltazione della Croce, accostando le loro imprese a quelle dei Crociati.
I quadri con l'immagine della redenzione delle anime portano nomi differenti, come quello da me utilizzato, mentre la Madonna della Mercede è caratterizzata da altri attributi iconografici e, per quanto ne sappia, non vi compaiono le anime del Purgatorio. Tuttavia le committenze, spesso, imponevano agli esecutori commistioni iconografiche a loro piacimento, vuoi per devozione o, talvolta, come forma di ostentazione di conoscenze o per capriccio.

Il cinto, cintola, cingolo, cordiglio che dir si voglia è raffigurato anche in un altro dipinto nella chiesa di Sant'Antonio, Santa Maria delli Ancili, legame che dalle mani del Bambino raggiunge quelle di San Francesco. In questo caso esso diventa la corda con tre nodi, simbolo del francescanesimo.

San Marco Argentano, 8 aprile 2023

Paolo Chiaselotti



"ANTISTORIA", "ARTE", "GENEALOGIE" e "ACCADDE OGGI" sono rubriche curate da Paolo Chiaselotti
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