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LA STORIA LE STORIE DELL'ARTE.


SANTA MARIA DEGLI ANGELI - PERDONO D'ASSISI.



SANTA MARIA DEGLI ANGELI - PERDONO D'ASSISI Questa grande tela, attualmente collocata all'ingresso della Chiesa della Riforma, sulla parete destra, era nascosta dietro alcune tavole del coro, come si legge nella catalogazione della Soprintendenza alle Belle Arti di Cosenza, che la attribuisce al XVI secolo con il titolo originario di "Il Perdono di Assisi", precisando che il dipinto prende anche il nome di "Santa Maria delli Ancili", per la scritta che si legge sopra la corona della Vergine.
Non so dirvi chi possano essere l'autore e il committente. Di quest'ultimo le uniche tracce sono il volto di un giovanetto sul lato sinistro del trono, in secondo piano, e uno stemma araldico con leone rampante e un sole entro uno scudo, sormontato da una grossa conchiglia. Il blasone non ha gli attributi tipici delle gerarchie ecclesiastiche, ma non posso escludere che esse siano state sostituite dalla conchiglia in ricordo di un pellegrinaggio. Tuttavia lo stemma di famiglia, o ecclesiatico che sia, è l'ultimo di una serie di tre stemmi, i primi due rimossi (quello centrale, originario, fu addirittura tagliato dalla tela).
Ignoro i motivi per cui il quadro fu 'archiviato' nel coro: essi potrebbero essere di natura estetica, religiosa o semplicemente pratica. Poteva, ad esempio, far parte del patrimonio cistercense della chiesa di Santa Maria ad Nives in località Conicella o del Convento delle Clarisse, il che spiegherebbe un suo deposito temporaneo in prospettiva di una diversa sistemazione.
La presenza, però, di una figura francescana e il titolo "Il Perdono di Assisi" mi fanno propendere per una proprietà esclusiva dei Riformati.

Ho estrema difficoltà ad affrontare problemi di natura storico-religiosa, dai quali, tuttavia, il tema e i soggetti rappresentati non possono prescindere.
Come mi fu insegnato inizierò ad esporre il quadro come esso si presenta, senza alcun commento.

Perfettamente al centro del quadro allineati lungo l'asse verticale ci sono il simbolo dello Spirito Santo, la scritta "Santa Maria delli Ancili", la Corona sostenuta da due angioletti, la Vergine in trono, Gesù Bambino in piedi con il globo crucigero in una mano e nell'altra il cordiglio francescano.
Nella parte sinistra, in primissimo piano, una figura, vestita di rosso, che sta leggendo. San Francesco che regge in una mano la croce e nell'altra il cordiglio e al suo lato il volto di un adolescente. Immediatamente dietro tre angeli che intonano un canto leggendo lo spartito musicale e un altro che li accompagna suonando uno strumento a corde.
Sopra di essi, sospesi su nuvole, quattro angeli che si alternano nel suonare e nel cantare.
Decisamente meno aulica la parte destra. Una figura femminile che suona una viola a gamba in primo piano, dietro il vescovo Ignazio d'Antiochia, riconoscibile per due teste di leoni seminascoste, dietro due angeli che suonano e al centro un angelo cantore. Sopra, anch'essi sospesi, due angeli e due figure prive di ali, che si alternano nel suono e nel canto.
Questa la descrizione delle figure che compongono la scena sacra.
Passando al 'doppio' titolo del quadro, ovvero "Il Perdono di Assisi" e "Santa Maria delli Ancili", la figura di Francesco (privo di aureola) con le stimmate a forma di chiodi sul dorso delle mani e una piaga che si intravede sul costato, confermerebbe la stretta relazione esistente fra il santo e Santa Maria degli Angeli.
Qual è questa relazione? Chiunque, ammesso che non sappia che Santa Maria degli Angeli è la basilica costruita ad Assisi a partire dalla seconda metà del Cinquecento, può trovarla digitando questi due nomi su un motore di ricerca sulla rete Internet. Cosa c'è al suo interno? C'è la cosiddetta Porziuncola, ovvero la chiesetta che rappresenta l'origine del suo percorso religioso (incluso quello di Santa Chiara), e l'istituzione del cosiddetto Perdono di Assisi.
Che cosa c'è sulla parete sopra l'altare di questa chiesetta? un dipinto della fine del XIV secolo di Ilario da Viterbo che raffigura San Francesco mentre offre le rose alla Vergine e a Cristo circondati da un coro di angeli.
L'impianto iconografico del nostro quadro ha ben poco da spartire con la tavola di Assisi, però ciò che conta è che da essa derivano il nome della Basilica e il titolo dato dal pittore alla Vergine. Si tratta della rappresentazione della festività che va sotto il nome dell'Indulgenza della Porziuncola o del Perdono di Assisi che si celebra il due agosto.
Resta, tuttavia, il problema della raffigurazione in tale contesto di Sant'Ignazio d'Antiochia, la cui immagine potrebbe essere legata alla committenza per una qualche forma di devozione o di voto, che non escluderei collegati al giovane anonimo a lato di San Francesco. Se fosse, invece, vista la presenza dei chiodi delle stimmate, un richiamo a Sant'Ignazio di Loyola e alla Compagnia di Gesù, i Gesuiti, da lui fondata, molte cose inspiegabili, riguardanti il quadro troverebbero una spiegazione nel periodo storico in cui i religiosi furono osteggiati e soppressi.

Da un punto di vista artistico si tratta di un dipinto mediocre, che presenta vari elementi di criticità esecutiva, nei volti, nei panneggi, in vari particolari fisici. Alcune figure sembrano eseguite da mano diversa o modificate posteriormente, forse nel corso di qualche restauro. Tuttavia, la distribuzione cromatica, l'ariosità dell'insieme, la luminosità e alcune originali soluzioni compositive rendono il quadro 'gradevole'. Non escluderei che il Bambino muscoloso, dagli addominali ispirati ai Crocifissi di Giunta Pisano, rivisitati alla luce della fisicità rinascimentale, potrebbe aver indotto gli Osservanti all'occultamento del quadro.

Mai titolo fu più azzeccato: il perdono di Assisi.


San Marco Argentano, 19 aprile 2023

Paolo Chiaselotti

Lascio al lettore la scelta di chi meriterebbe il perdono: l'autore del dipinto, chi lo occultò, chi ne ha fatto il commento.
Le figure degli angeli sono copiate da un'acquaforte del '500 di autore anonimo.



"ANTISTORIA", "ARTE", "GENEALOGIE" e "ACCADDE OGGI" sono rubriche curate da Paolo Chiaselotti
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