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LA STORIA LE STORIE DELL'ARTE


IL MISTERO DELLE MACINE NELLA TORRE.

Macine di mulino

Macine del Mulino cosiddetto di Mezzo in località Troncone.

Quando insegnavo nella locale scuola media, nel corso delle visite d'istruzione alla torre poco distante, c'erano alcuni studenti più 'spericolati' che, appena mettevamo piede sul piano del rivellino, si infilavano in una stretta galleria. Ne uscivano dopo pochi minuti, orgogliosi di aver compiuto un'esplorazione e, soprattutto, di aver scoperto che quel breve percorso non portava da nessuna parte, perché ostruito da due macine di mulino, poste là dove terminava la scala. Una era in direzione della scala, l'altra a fianco di questa sul lato sinistro.
L'entusiasmo, unito all'affanno derivante dalla precipitosa risalita, impediva che potessero dare una spiegazione comprensibile di quanto avevano 'scoperto'. Io fingevo sempre di ignorare che cosa ci fosse in quel budello.
Ricordi di tempi lontani, finché nel 1993, nel corso dei lavori straordinari di consolidamento e ripristino, sia all'interno che all'esterno del complesso monumentale, si scoprì che cosa ci fosse dietro una di quelle macine: un'uscita, o un'entrata, a seconda dei casi, comunque un'apertura ad arco che sbucava al di sotto del piano stradale. Il piano dove c'è quest'uscita è al di sotto di quello da cui inizia la scalinata principale di accesso e da cui si eleva l'alto muro a sostegno del ponte in legno, attraverso il quale si entra nella torre.
Visto dall'esterno, quell'arco di accesso, oggi chiuso con una porta in legno, si trova alla base del rivellino, in una buca nella quale si scende per una scala in pietra di recente fattura.
La funzione di questa galleria non è chiara. Poteva essere sia una via di fuga che un accesso secondario alla torre.
Purtroppo i lavori di ristrutturazione eseguiti a cura della Soprintendenza ai Beni Artistici non furono accompagnati da alcuna relazione, per cui non sappiamo nulla di quelle due macine e di altro materiale ritrovato, tra cui vari carotaggi.
Mi sono chiesto che cosa ci facessero due macine all'interno di una torre e la mia curiosità mi avrebbe spinto ad immaginare scenari fantastici, legati all'idea di un fortilizio autosufficiente in caso di assedio, con un plotone di occupanti in grado di macinare grano e vittorie!
Fortunatamente tenni per me ogni considerazione in merito, finché rileggendomi alcuni atti di inizi Ottocento, riguardanti l'ubicazione del cimitero, ho trovato che il sito scelto a tale scopo si chiamava Piano del palmentello.
Il palmento, come molti sanno, è il luogo dove si provvedeva all'estrazione di liquidi o polveri per l'uso alimentare. Esso trae origine dallo stesso etimo di pavimento, perché inizialmente era una semplice superficie sulla quale si praticavano pigiature con sistemi sempre più sofisticati. Tra questi vi era l'uso delle macine per la molitura del grano e delle olive.
Insomma, in un luogo prossimo alla torre esisteva un piccolo palmento. Il motivo perché due macine fossero state portate dal palmento al rivellino e poi collocate in fondo ad un cunicolo resta un mistero, ma la probabilità che esse siano state poste per bloccare definitivamente una possibile via di fuga, mi induce ad accostare ad essa l'evasione e questo mi fa supporre che l'operazione di chiusura sia avvenuta in tempi realtivamente recenti, quando la torre fu adibita a prigione.

Questo è un estratto della deliberazione in cui troviamo il riferimento al luogo anzidetto
Atto n.2 del Decurionato - 2 maggio1819 - Oggetto: Camposanto "... D.Carlo Amodei reclama non piantarsi il Camposanto nel suo fondo denominato Salato ... e se sia secondo il prescritto nel Regal Decreto d' 11 Marzo 1817 ... Fatte delle maggiori ricerche ... si crede proprio [idoneo] il sito detto il Piano del palmentello in Catuccio appartenente al patrimonio regolare, proveniente dal soppresso monastero dei Padri Paolotti di Sammarco, distante dall'abitato un quarto di miglio circa."


San Marco Argentano, 21 ottobre 2022

Paolo Chiaselotti

La deliberazione del 2 maggio 1819 conferma la vasta proprietà del convento dei monaci di San Francesco da Paola che si prolungava a monte e a valle dell'attuale chiesa di San Francesco.