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SUI SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA
di Giancarlo Chianelli

Cippo funerario caporale Riccardo Acquafredda

Erano diversi anni che volevamo fare l'esperienza che mi accingo a raccontarvi.
Premesso che da tempo mi occupo di ricerche sul periodo dalla Grande Guerra, documentandomi sui luoghi e sui protagonisti di quei tragici eventi che hanno direttamente riguardato tanti nostri concittadini, quest'anno finalmente ho deciso di recarmi assieme a mia moglie sui posti che furono teatro di cruenti combattimenti.
Il 26 maggio siamo partiti in direzione Arsiero dove avevamo prenotato una tranquilla e bellissima locanda, posizionata a metà strada di tutte le escursioni che avevamo deciso di fare.
Appena arrivati ci siamo recati subito al cimitero militare di Arsiero, per portare il nostro saluto al concittadino Riccardo Acquafredda, sepolto lì insieme a tanti altri ragazzi.
Ero a conoscenza della sua dimora da diversi anni, ma non avevo mai avuto occasione di portargli un saluto mio e del primo cittadino di San Marco, che in quel momento mi sentivo doverosamente di rappresentare.
Arrivati all'ingresso del cimitero, iniziò a tuonare, il cielo diventò improvvisamente cupo e, come se la circostanza volesse rievocare un turbine di guerra, in Val d'Astico tutto il paesaggio assunse un aspetto spettrale.
Ho cercato e quando ho finalmente trovato la sua tomba, mi sono inginocchiato. Dopo qualche minuto, le nubi temporalesche si spostarono altrove e dal cielo cominciarono a filtrare raggi di luce che illuminavano a chiazze irregolari quel sacrario.
Parlerò più tardi di Riccardo, ora voglio solo accennare al fatto che, nonostante la sua tragica sorte, possiamo in un certo qual modo considerarlo un ... "privilegiato".
Martedì 27 maggio, malgrado la pioggia battente, decidiamo di fare, comunque, la prima escursione prevista all'Ossario di Tonezza del Cimone. Arriviamo sul piazzale, dove lasciamo la macchina, e ci incamminiamo lungo un sentiero, mentre i nostri passi sono scanditi dal suono della pioggia che picchia sulle foglie dei numerosi faggi che ci circondano. Da lontano intravediamo il profilo dell'Ossario, la sua forma quadrata e le due grosse volte in pietra. All'ingresso, su di un lato, leggiamo questa scritta emblematica: "Sepolti da una mina nemica qui riposano mille figli d'Italia", mentre, tutto attorno, massi di roccia sgretolati e cartelli con foto raccontano ciò che accadde in quei luoghi durante la guerra.
Vale la pena accennare a quale triste evento si riferiscano. Il 23 settembre 1916 alle ore 5 e 45, una mina fatta esplodere dagli Austriaci, annientò l'intera Brigata Sele. Riccardo apparteneva proprio a quella Brigata, ma il destino aveva voluto riservargli il privilegio della sepoltura, sottraendolo ai suoi commilitoni e ai suoi cari due mesi prima. Ecco il motivo per il quale il giorno precedente ho potuto pregare sul luogo dove risposano i suoi resti mortali.
Scendendo lungo un pendio arrivammo in un piccolo cimitero militare Austro-Ungarico con croci di legno e, all'ingresso, una campanella messa apposta perché i visitatori possano emettere quei rintocchi che rappresentano una forma di onoranza ai caduti. Mia moglie fece vibrare la campana con due piccoli colpi: un saluto nostro anche ai ragazzi del fronte nemico. Le croci non hanno nazionalità!
Mercoledì 28 maggio è stata la giornata più intensa. Una ricercatrice del gruppo Grande Guerra mi segnalò che quel giorno ci sarebbe stata la cerimonia di riapertura del Sacrario di Asiago, che era stato chiuso per lavori.
Quale migliore occasione per visitare gli oltre cinquantamila militari lì sepolti, durante una cerimonia ufficiale con la presenza di numerosi cittadini e di autorità civili, religiose e militari?
Dopo circa quaranta minuti di macchina, arrivammo sull'Altipiano dei sette Comuni. La veduta ha qualcosa di magico: pascoli, strutture ricettive e aziende di prodotti caseari. Da lontano già si vede la possente sagoma del Sacrario, sito sulla collina del Leiten. Lungo il viale incontrammo autorità militari e politiche, varie associazioni di combattenti e medaglieri dei sette Comuni. La banda musicale della Brigata Pozzuolo del Friuli, all'ingresso del Sacrario, iniziò a suonare la Marcia del Principe Eugenio: che emozione questa inattesa e gratificante circostanza! Toccanti e sentiti i discorsi della Sottosegretaria alla Difesa e del Sindaco di Asiago, che hanno ricordato i valori di libertà e di pace ottenuti grazie ai sacrifici di quelle migliaia di giovani vite spezzate, che spesso, forse troppo spesso, trascuriamo o dimentichiamo.
Dopo la cerimonia ufficiale, abbiamo fatto una breve visita al Sacrario per onorare tre nostri concittadini lì sepolti: Pasquale Andreoli, Armando Mileti e Angelo Zagordo.
Nel pomeriggio, infine, siamo saliti sul Monte Zebio fino 1600 metri. Lo sforzo è stato ripagato dal silenzio della natura che ci circondava e dalla presenza di ... un capriolo che da lontano ci osservava incuriosito. Iniziammo, quindi, la visita storica con una doverosa fermata al cimitero della gloriosa brigata Sassari. Tante croci in legno con nome e comune provenienza: tutti ragazzi sardi lì caduti. Furono i più decorati dell'intero conflitto e i più temuti dagli Austriaci, che li chiamavano i diavoli rossi. Una lapide ricorda il loro sacrificio e le loro quattro medaglie d'oro conquistate. Un momento di riflessione e tristezza in un luogo dove regna dolore e silenzio.
Salimmo ancora e arrivammo sulla cima, dove un cippo segnalava la sacralità dell'area su cui ci trovavamo. Si trattava della mina dello Scalambron dove accidentalmente, si presume a causa di un fulmine, l'8 giugno 1917 l'intera zona saltò in aria annientando l'intero presidio della Brigata Catania.
Facemmo la discesa con passo più veloce e, prima di rientrare al nostro "campo base", decidemmo di visitare Asiago e fare una piccola pausa del nostro lungo cammino per gustare un ottimo gelato.
L'ultimo giorno, il 29 maggio, lo dedicammo al Monte Cengio e al Salto dei Granatieri di Sardegna. Credo sia doveroso spiegare cosa accadde durante la guerra su quel monte. Durante la "Strafexpedition" (spedizione punitiva), gli Austriaci stavano per sfondare il fronte italiano per poi raggiungere la pianura veneta. Il Comando Italiano decise di mandare in fretta il primo reggimento Granatieri a tamponare la linea di difesa italiana e in supporto, le Brigate Catanzaro, Trapani, Modena e Novara. Le nostre truppe si trovarono esposte al tiro dell'artiglieria nemica e con poche munizioni. Ingente fu il numero dei morti. I combattimenti più aspri si svolsero sulla sommità della montagna. I granatieri, esaurite le munizioni, si batterono all'arma bianca. Nonostante la disperata resistenza, gli Austriaci riuscirono a spingerli sempre più verso il precipizio, così i Granatieri con estremo coraggio e determinazione, si avvinghiarono ai soldati nemici trascinandoli con sé nel burrone, a 1200 m. Sulla sommità della montagna, una croce e diverse lapidi ricordano l'estremo sacrificio. Per via dei cruenti combattimenti e del numero elevatissimo di morti - diecimila e duecento soldati caddero dal 29 maggio al 3 giugno del 1916- la zona è considerata area sacra della Patria.
Noi procedemmo in silenzio, guardando con terrore il precipizio, le tante scritte e una vista mozzafiato. Dopo circa dodici chilometri di cammino, arrivammo sul piazzale dove avevamo lasciato la macchina. Un piatto di polenta col gulasch e uno strudel di mele al Rifugio del Granatiere lenirono la fatica della giornata!
Rientrammo, finalmente, in albergo, provati per la stanchezza, ma le emozioni vissute resteranno nei nostri cuori per tutta la vita e, credeteci, ne è valsa davvero la pena! Sulla base della nostra esperienza invitiamo anche altri, e in particolar modo i nostri amati concittadini e quanti di loro ebbero un caduto in guerra, a compiere questo percorso. Katia ed io siamo a disposizione per fornire tutte le informazioni e l'aiuto possibile. E in ogni caso ... buoni passi a tutti!

Giancarlo e Katia Chianelli

Percorso effettuato nell'Alto Vicentino dal 26 al 30 maggio 2025



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