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LA LACRIMA DELLA BECCACCIA.



La lacrima della beccaccia Questa mi è capitata quando ancora ero ragazzo e andavo a caccia, assieme a qualcuno, perché ancora non avevo l'età per il porto d'armi. Ma, se ti devo dire la verità, ci andavo anche solo.
Mi ricordo che ero tornato a casa e avevo mostrato a mamma una beccaccia che avevo sparato sopra a dove abitavamo, a Salato -noi abitavamo al Sacramento- e mamma l'ha guardata dispiaciuta e mi ha detto, me lo ricordo come ora, «Peccato, e perché l'hai sparata?!» e mi ha guardato in faccia perché si aspettava che le dicevo qualcosa. E mi ricordo come se fosse adesso come mi guardava.
E niente. Son passati belli anni e mamma era morta da qualche mese, quando, verso Maiolungo, un poco più sotto, assieme a Brio, il cane da caccia, un setter, sento sopra di me un rumore e sparo. Parte il cane e io appresso, ma non tornava. A volte capita che l'uccello è ferito e saltella e si sposta e il cane ci va appresso. Cammino, ma non vedevo nè il cane e nemmeno la beccaccia. E guardo se c'era qualcosa che si muoveva. Niente.
Ero preoccupato per Brio, anche perché era un po' vecchio, «Vuoi vedere che è morto?» ho pensato, però, mi sono ricordato che anche un'altra volta era andato appresso ad un uccello ferito. Fatto sta che la vedo, la beccaccia, e Brio che la puntava ma non si avvicinava. Mi avvicino che era ancora viva: era ferita all'ala e non poteva alzarsi. Mi abbasso e piano piano stendo una mano per prenderla, di sotto, che non ci volevo toccare l'ala. Brio stava fermo. La prendo e la sollevo con una mano e l'altra mano la tenevo di sotto, più bassa, che se cadeva la prendevo con quella. Beh, in quel momento, non lo so perché, non te lo so spiegare, ma ho visto o m'è parso di vedere come se dall'occhio della beccaccia ci stava cadendo una lacrima e siccome non volevo farla cadere a terra, la lacrima, ho messo subito l'altra mano sotto.
Son quelle cose che non ti sai spiegare. Mo', se è stato vero o se è stata una sensazione o certe volte, quando ci penso, dico che forse mi erano venute a mente le parole di mamma, non te lo so dire, ma ho sentito sul palmo della mano come un piccolo bruciore, o una scossa nervosa. O era un'impressione, ma se lo devo dire anche adesso, in quel momento ho sentito qualcosa. Sulla mano, proprio qua. Tant'è vero che ho ritirato subito la mano e in quel momento mi sono venute a mente le parole di mamma: «Peccato, e perché l'hai sparata?!» e gli occhi che mi guardava in faccia, dispiaciuta. Mo', quante beccacce ho sparato, avevo sparato, e non m'era mai capitata la stessa cosa, solamente allora. E ci pensavo mentre tornavo con questa beccaccia in mano, «ma perché m'è venuto di metterci la mano sotto l'occhio?», vuol dire che la lacrima c'era!
Non è stato niente. Arrivo a casa e, non ci crederai, ma m'è parso come se fosse lo stesso giorno di quando avevo sparato alla prima beccaccia, che l'avevo mostrata a mamma. Ed era difatti il giorno prima della vigilia di Natale, che m'è venuto a mente perché ...


C'era qualcosa nel seguito che ora non ricordo, ma che aveva a che fare con ciò che faceva tradizionalmente la madre. In quel momento qualcuno lo ha interrotto, ma ricordo che subito dopo soggiunse:
... e quella è stata l'ultima beccaccia che ho sparato.

Da un racconto orale di Italo Avolio trascritto da Paolo Chiaselotti

San Marco Argentano, 10.9.2023

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