![]() ![]() Un fotogramma tratto dal film Il mago della pioggia
Parlare di una persona, a sua insaputa, che difficilmente avrebbe immaginato di diventare
il protagonista di una improvvisata biografia, è quasi un'invasione della sua sfera
privata. Poiché molti di coloro che leggeranno questa pagina conoscono o sono
addirittura parenti di questa persona, mi pare di vedere la sua faccia quando qualcuno di
loro gli dirà di aver letto un racconto della sua vita su un sito Internet:
dapprima uno sguardo interrogativo e immediatamente dopo quel suo inconfondibile sorriso cinese,
con gli occhi che diventano una fessura tra le palpebre e entrambe le arcate gengivali scoperte
su due incisivi separati da uno spazio più largo di quanto si possa immaginare.
Sto parlando di Peppino Giambarella. Pochi si ricordano di lui visto che da molti anni vive fuori da San Marco Argentano. Io e in particolare mio fratello Flavio che aveva la sua età lo conoscevamo bene. Perchè ho deciso di parlare di lui? Per il suo carattere gioviale, costantemente pronto a raccogliere gli aspetti più intriganti della vita e a trasformarli di volta in volta in forme di svago o di speculazione intellettuale. Il fatto che scherzasse su ogni cosa non significava che non attribuisse importanza a ciò di cui parlava, ma era un modo per affrontare giocosamente la vita. Il ricordo più vivo che ho di lui è una continua sfida all'equilibrio. Conservo una foto che ci ritrae a testa in giù, quasi una metafora della vita, mentre ci sosteniamo con le mani a terra e piedi all'aria. Come tanti altri ragazzi della nostra età aveva una bicicletta, ma la sua era priva di freni. Pareva che facesse parte del suo abbigliamento: più che un mezzo di svago e di trasporto era un'appendice trattenuta tra le gambe. Ogni tanto si stancava di stare a cavallo e allora saltava in canna oppure, tenendo il manubrio come se fosse il cavallo ginnico con le maniglie, saltava, correndo, da un lato all'altro della bicicletta a piedi uniti. Un'altra acrobazia, che mi rifiutavo di guardare tanta era la paura che provavo, era l'inclinata sotto gli autobus in movimento: una sorta di gioco della morte lo definivo io, mentre lui affermava che era solo questione di coordinamento e di tempo! Era studente di ingegneria, come mio fratello, e per questo motivo stavano spesso assieme a studiare. A quel tempo i vicini di casa -abitava in campagna- chiedevano agli studenti di scuole superiori o universitari di dare una mano ai propri figli che frequentavano le medie. Peppino si prestava volentieri in questo compito, sempre con quella giovialità che non faceva mai pesare lo studio. In quel periodo dava ripetizioni in alcune materie ad un ragazzo che abitava vicino casa sua, interrogandolo, poi, sugli argomenti che gli aveva spiegato per verificare quanto avesse appreso. Quando gli chiese, io presente, chi fosse Nerone, il ragazzo reduce dalla precedente spiegazione di matematica gli rispose: un denominatore romano! Peppino prontamente, con il suo sorriso a denti scoperti, gli disse prima bravo e poi gli raccomandò di riferire al padre che quel giorno aveva capito tutta la storia e tutta la matematica. La vita di ognuno di noi si separò quando lui si cercò un lavoro e mio fratello fece ritorno a Trieste. Per un certo periodo ci incontravamo quando lui faceva ritorno in paese. In una di queste occasioni mi disse che lavorava per una società di servizi nel settore agricolo e con quel suo fare ironico aggiunse subito che in parole povere ... vendeva pioggia!! Ricordo ancora quel sorriso che occupava quasi una metà del viso mentre semplificava a tal punto la sostanza del lavoro svolto da farlo apparire uno scherzo o una metafora da cui chi lo ascoltava avrebbe dovuto capire di che razza di lavoro si trattava. Me lo spiegò e credetti che continuasse a scherzare visto che la pioggia c'entrava proprio come risorsa per la produzione agricola. Poi, quasi fosse il Padreterno, disse che la società per cui lavorava garantiva un quantitativo di pioggia all'anno e se non fosse piovuto avrebbero provveduto loro ... mprenannu 'i nuvole!! Insomma, più cercava di spiegarmi scientificamente, oltre che sotto gli aspetti meteorologici e statistici, non esclusi quelli dei rimborsi assicurativi, che la pioggia in taluni casi si poteva provocare, più in me cresceva il dubbio che si fosse inventato un lavoro inesistente. Alcuni giorni fa mi è capitato di leggere su Internet che il bombardamento con ioduro d'argento o altri sali di cumuli e nembi è una pratica che viene attuata in caso di scarsità di precipitazioni e come lotta alla siccità. Mi è immediatamente tornato alla mente Peppino Giambarella, che, scherzosamente, da allora chiamavo il mago della pioggia, con il suo inverosimile lavoro. Non durò molto perché alcuni anni dopo, rivedendolo a San Marco Argentano, mi disse che stava lavorando in non so quale Paese dell'Est. Metteva cancelli automatici che lui stesso realizzava. Anche in quel caso, aprendosi nel suo sorriso cinese, disse che si trattava di un lavoro redditizio e naturale ... almeno fin quando sarebbero esistiti i confini tra gli Stati! Scherzava, anche perché seppi che la sua ditta aveva importanti commesse di lavoro non solo nei paesi dell'Est, ma in tutt'Italia e credo anche in paesi extra-europei. L'ultima volta che lo vidi fu una decina di anni fa. Sorriso di sempre, battuta sempre pronta e quell'eterna voglia di vivere la realtà quotidiana adattandola ai propri bisogni. San Marco Argentano, 26.1.2024 Paolo Chiaselotti |
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