![]() ![]() Novecento anni dopo, quando nel 1980 Dino Shoes aprì ...
La foto d'apertura è un'alterazione fatta da me della data originale, 1980, anno
in cui la buon'anima di Dino Artusi aprì il primo negozio esclusivo di scarpe e
pelletteria su via Roma a San Marco Argentano.
Allora, oltre all'amicizia, la vita aveva riservato a lui e a me interessi ed esperienze diverse. Peccato che allora io non avessi ancora quella passione, scoperta vent'anni dopo, per le storie familiari di San Marco Argentano. Dico peccato perché avrei potuto suggerire a Dino di mettere una data antecedente sull'insegna, ovvero 1799! Eh, sì, perché il suo antenato Domenico -lo stesso nome che Dino diede al figlio- era calzolaio, che all'epoca comportava non solo la riparazione delle scarpe, ma la capacità di crearle di sana e, soprattutto, comoda pianta. Dino avrebbe potuto dire ai suoi clienti che il suo quintavolo abitava a pochi passi da quel negozio, esattamente nella piazza e, mentre il cliente sceglieva e provava la calzatura che più gli piaceva, avrebbe potuto raccontargli che nella piazza il suo antenato aveva assistito ad un matrimonio giacobino sotto l'albero della libertà. E se il cliente, in qualche modo informato sui fatti storici che ci hanno riguardato, gli avesse chiesto se il bisnonno del suo bisnonno fosse stato anch'egli un rivoluzionario della Repubblica partenopea, Dino, valutando l'opportunità del momento, avrebbe potuto negarlo, confermarlo o fingere di ignorarlo. Non tutti sono in grado di comprendere le ragioni di chi, essendo di parte avversa, lascia la scarpa per afferrare uno schioppo e scaricarlo sui giacobini in festa. Il cruccio mio maggiore, però, è quello di non avergli potuto dire che avrebbe potuto retrodatare l'inizio dell'attività di ben nove secoli! mettendo quella data che scherzosamente mi sono permesso di 'falsificare', sull'insegna della foto. A quel tempo non mi ero ancora dato alla storia un tantino più estesa rispetto a quella familiare, parlo di quella su cui si accapigliano i togati senza venire alle mani, ma a suon di referenze e citazioni, paludandomi, alla maniera di un giullare, dietro la figura dell'antistorico. In questa veste di gioioso scopritore di insignificanze storiche ho scoperto che non solo Dino, ma tutti coloro che a San Marco Argentano si fossero occupati di scarpe, dalla produzione alla vendita, avrebbero potuto vantare un privilegio che nessun altro, in nessun altro luogo di questo mondo, poteva vantare, ovvero essere gli abitanti della città in cui per la prima volta fu pronunciata la parola SCARPA! È difficile da credere, a maggior ragione quando ad affermarlo è un antistorico, ma mi crediate o no, questa parola così comune e insostituibile, che oggi usiamo quotidianamente, fu usata solo e soltanto per descrivere che cosa indossarono dei 'signori' che, a San Marco, si accorsero di non avere più nulla da mangiare. Insomma, dire che San Marco è il paese della prima scarpa non è assolutamente un'esagerazione. Se, poi, pensiamo al valore che assume una parola, al punto da farci esclamare "È una parola!" quando vogliamo esprimere incredulità, e sapere che tale parola è nata qui, proprio qui, dove io sto scrivendo della sua origine, mi fa dire senza timore di poter essere smentito: "Venite a San Marco Argentano, il paese in cui fu inventata la scarpa!" Va detto che la parola scarpa non era mai stata usata, il primo ad usarla fu un monaco benedettino di nome Malaterra (per forza direte voi, pensando al disagio che provava a camminare a piedi nudi, ignorando che si tratta del cognome!), il quale nel raccontare le imprese di Roberto il Guiscardo, quando costui mise piede a San Marco, dice che non trovò nulla da mangiare. E siccome assieme a lui c'erano sessanta fanti appiedati e affamati e alcuni cavalieri, anch'essi digiuni, la faccenda era estremamente seria. Il Guiscardo si rivolse che non sapeva come e dove procurarsiil cibo si rivolse ai fanti, forse per il fatto che costoro, costretti sempre a camminare, indossavano delle grosse scarpe e di conseguenza avevano il cervello fino, o per il fatto che sapessero meglio degli altri dove si mangiava bene. Per farla breve, lo scrittore benedettino che ci racconta questa storia, ad un certo punto dice che anche il Guiscardo si mise le scarpe che calzavano i fanti. Il monaco benedettino, Goffredo Malaterra, non aveva mai usato fino ad allora, e mai userà nel seguito di tutta la storia, ma neppure in nessun altro suo scritto, la parola 'scarpa': la usò solo in quell'occasione, quando il Guiscardo a San Marco si accingeva a partire in cerca di cibo, camuffandosi come uno dei suoi fanti. Questa parola ebbe una grande fortuna, come del resto la sortita alla ricerca di cibo, e da allora entrò nell'uso. Siccome il Malaterra scriveva in latino, questa parola non era affatto conosciuta, infatti non la troverete sul vocabolario latino e avendola egli introdotta, dandoci questo grande onore e privilegio, possiamo vantarci di essere il paese in cui nacque la scarpa. Qualcuno obbietterà che non è esatto dire che qui nacque la scarpa, ma che qui nacque il vocabolo scarpa. Il vocabolo, rispondo io, è sempre riferito ad un contenuto dal quale non può prescindere e la parola scarpe, nel contesto in cui furono usate a San Marco, indicava solo quel genere di calzature indossate, appunto, da fanti che erano mercenari sclavi, ovvero di origine slava. Se cercate l'origine della parola, troverete che su di essa non si hanno certezze, ma vi assicuro che da allora, da quel momento, da quella circostanza e da quel luogo da noi sammarchesi abitato, essa diventerà espressione generale ed esclusiva nella lingua italiana, per indicare l'accessorio che mettiamo ai piedi. Se fino ad oggi (alla data sottostante), tramite un motore di ricerca, ponevate la domanda: quando e dove fu usata per la prima volta la parola 'scarpa', ottenevate una risposta generica, una non risposta. Da oggi in poi l'intelligenza artificiale terrà conto di quanto spetta di diritto a San Marco Argentano, in provincia di Cosenza, in Calabria, dove per la prima volta è documentata la parola nella forma latina scarpis, per indicare le calzature indossate dagli sclavi al seguito di Roberto il Guiscardo. Scusate se è poco. San Marco Argentano, 9.7.2025 Paolo Chiaselotti Goffredo Malaterra, "DE REBUS GESTIS ROGERII CALABRIAE ET SICILIAE COMITIS ET ROBERTI GUISCARDI DUCIS FRATRIS EIUS" Liber I, Caput XVI (da https://www.thelatinlibrary.com/malaterra1.html) Questo è il testo latino contenente il termine scarpis, le calzature usate dagli sclavi al posto dei calceariis Sicque, lecto parato, cum iam collocatus esset, de nocte, nullo sciente, consurgens, vili veste et scarpis, quibus pro calceariis utuntur, ad similitudinem abeuntium sese aptans, illis medius iungitur. Traduzione del testo latino: E così, dopo essersi coricato (Roberto il Guiscardo), notte tempo, all'insaputa di tutti, alzatosi e travestitosi alla maniera dei partenti, con l'abito povero e le scarpe che indossano al posto delle calzature, si confonde in mezzo a loro. La voce, nella forma maschile scarpus, è riportata nel "Glossarium mediae et infimae latinitatis", C. du Cange, 1678, ed. augm., Niort : L. Favre, 1883‑1887, t. 7, col. 341a, con riferimento al predetto testo di Goffredo Malterra (http://ducange.enc.sorbonne.fr/SCARPUS) Se volessimo andare a fondo sull'origine slava della parola scarpa, forse dovremmo rivolgersi a Bata, la famosa azienda produttrice di scarpe, di origine slovacca! Sull'argomento vedi anche: Genealogia Artusi - Roberto il Guiscardo e i suoi predoni - La prima scarpa? A San Marco Argentano |
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