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L'ANTISTORIA


LE NOTTI ROMANE DEL CARDINAL SIRLETO ....

Cardinale Guglielmo Sirleto da Wikipedia Non vi nascondo che ho riflettuto a lungo sull'opportunità di scrivere questa pagina dell'antistoria, considerando che essa riguarda una figura eccellentissima che San Marco ha avuto l'onore di annoverare tra i vescovi 'emeriti' e la Calabria tra i cittadini illustri. Parlo del cardinale Guglielmo Sirleto nato a Guardavalle nel 1514 e morto a Roma nel 1585.
Se fossi vissuto ai suoi tempi certamente ne avrei parlato bene (ammesso che ne avessi potuto parlare e scrivere), oggi, che posso farlo, sono libero di scegliere se continuare ad elogiarlo come è avvenuto nei secoli oppure se mettere in evidenza alcune mie perplessità.
A lui anima pia e bella San Marco deve la fondazione dell'ospedale. I poveri e gli afflitti erano sua cura speciale, e non che ledere il diritto di taluno, non permetteva che predominasse elemento forastiero nella sua diocesi. Soleva a Roma adunare presso di sè come in tante tornate accademiche alle quali egli dava il nome di ritrovi e di notti romane gli uomini più culti di quei tempi come dice il Tiraboschi e lo Zavarrone.
Queste sono le parole con cui ce lo presenta l'autore della Cronistoria di San Marco Argentano, il teologo Salvatore Cristofaro, mentre oltre un secolo dopo, in un'appendice alla ristampa di un libro di P. Francesco Russo, di lui si dice che motiva storicamente la devozione ai Santi Martiri Argentanesi che afferma essere i primi martiri italiani.

A San Marco. dunque, gli vengono attribuiti alcuni meriti particolari: la fondazione dell'Ospedale, l'affidamento di cariche ecclesiastiche a sammarchesi, l'attestazione di un fondamento storico al culto di quattro santi che a suo giudizio dovevano essere considerati protomartiri cristiani.
Si tratta come si può vedere di meriti che spaziano dalla creazione di una struttura sanitaria, al 'campanilismo', alla veridicità storica di una tradizione, alla palma del martirio locale.
Cose non da poco, che tuttavia appaiono frutto di spinte endogene, piuttosto che di interessi esterni. Vien quasi da dire: Sirleto fu un forestiero che aveva a cuore San Marco! Ma sarà proprio così oppure le cose stanno diversamente?

Iniziamo dalle lodi e dalla considerazione in cui era tenuto il cardinale. Se calcoliamo il tempo che egli si fermò nella nostra città, come pastore della Diocesi, esso è brevissimo. L'autore della Cronistoria, sbagliando i conti, lo fa durare quattro anni, l'appendice anzidetta poco più di sette mesi, ovvero dal 6 settembre 1566 al 21 aprile del 1567, quando viene richiamato a Roma, prima di essere trasferito a Squillace a fine febbraio 1568. A sostituirlo nel vicariato durante il soggiorno romano fu, a quanto mi risulta, un nipote, che poi lo sostituirà in vita come vescovo a Squillace. Non so cosa abbia voluto dire il Cristofaro con quel elemento forestiero, ma se è vero quanto ho letto, debbo intendere per forestiero persona estranea alla propria cerchia.
Nulla di strano, ma se così fosse, i casi sarebbero due: o 'favoritismo' o mancanza di fiducia nel clero locale. Poteva averne motivo?
Ho già detto in una pagina riguardante la città di San Marco che il suo nome compare in un libro dello storico Giovanni Giovine (Ioanne Iuvene) pubblicato nel 1589 a Napoli con il titolo di "De Antiquitate et Varia Tarentinorum Fortuna" in cui vi è un breve accenno sulle origini di San Marco e sul passaggio dell'Evangelista Marco. L'autore afferma di aver appreso la notizia dal sammarchese Consalvo Gonzaga che a sua volta l'aveva appresa dal cardinale Sirleto. Poiché l'argomento è un breve 'intermezzo' condensato in poche righe, riguardante la venuta di Marco nella nostra città, l'attribuzione della fonte al prestigioso e dotto cardinale Sirleto è sorprendente.
Con un linguaggio contorto e senza alcun approfondimento l'autore afferma che il cardinale sarebbe 'garante' che la città che prese il nome del Santo, a seguito della sua predicazione, era la Sibari montana o Mandonica, un tempo appellata Argentina!
Sorge legittimo il dubbio se il cardinale si fosse prestato ad un'operazione 'editoriale' oppure se fosse all'oscuro di tutto. Stando alla data della pubblicazione dovremmo concludere che le sue parole furono inserite a sua insaputa, essendo morto nel 1585, ma potrebbe pur sempre restare il dubbio se egli avesse realmente dato a Consalvo Gonzaga questa oscura informazione sulle origini di San Marco. Egli, presidente delle commissioni per la riforma del Messale e del Breviario Romano, del Catechismo Romano, del calendario dei santi e del Martirologio, avrebbe mai autorizzato la pubblicazione di una asserzione priva di ogni fondamento? Nel capitolo successivo, di cui il primo è la necessaria premessa, è riportata per esteso l'autorizzazione data nel 1580 dal cardinale all'arcivescovo di Taranto ad inserire nel breviario il nome di San Cataldo. Figuriamoci se dieci pagine prima avrebbe acconsentito che il suo nome comparisse come suggeritore della 'storiella' del passaggio dell'evangelista Marco per la nostra città!

L'aspetto, più curioso è che questo 'suggerimento', a distanza di secoli, sia stato taciuto o presentato in forma diversa, ovvero che il cardinale abbia potuto trarre le sue informazioni da documenti inediti in suo possesso! Tutto è possibile, io dico, ma perché non accennare mai alla cosa più notoria: il passaparola con il Gonzaga citato dal Giovane?!
Semplice: perché come tutte le 'bufale' anche quella non faceva eccezione, ma a patto di non propagarne la fonte, che rimase nei secoli successivi relegata e negletta nella citazione del Giovine. Chi mai avrebbe creduto che un cavilloso, dotto, sospettoso, accortissimo e prudente cardinale avesse potuto raccontare ad un tal Consalvo Gonzaga una simile storia? Ma perché proprio ad un 'homo laico' di cui ignoriamo ogni merito? e non ad uno dei suoi tanti allievi, ad iniziare dallo stesso Giovine, o al Barrio, che erano di casa presso il cardinale con ampia possibilità di accesso a manoscritti e documenti vari conservati nella biblioteca vaticana?
Furono leali verso il loro mecenate o lo tradirono? Il cardinale aveva particolare interesse a dipanare le misteriose origini di una città di cui non era più vescovo? O l'interesse a tale argomento proveniva da altri ambienti e per motivi che ignoro? Che rapporto c'era tra Giovanni Giovine di Taranto e Consalvo Gonzaga di San Marco?
Insomma la 'bell'anima' dell'eruditissimo cardinal Sirleto ebbe molto da fare, sia nei suoi impegni ecclesiastici, culturali, pastorali e via dicendo e sia nel dare risposte alle mille sollecitazioni e richieste che gli venivano da più parti. Non è un caso, credo, che sia stato ritratto mentre stringe nella mano sinistra un fazzoletto con cui detergersi i sudori, mentre l'altra è impegnata a scrivere ... Ehh, quando si dice le 'sudate carte'
E le notti romane, chiederete voi, beh, credo che ne abbia passate parecchie insonni!1


San Marco Argentano, 11 maggio 2023

Paolo Chiaselotti

1Un passaggio dell'orazione funebre di Ioanne Vaz Motta, Lusitano, 1585
Legebat impeditus, sanus, debilis in molestia, inquiete, in otio in negotio, in prandio, in caena, parum dixi et dormiens literas tractabat. Saepius enim auditus est per somnum, vel gravem sancti cuiuspiam locum explicare, vel Graeca et Latina oratione de difficili quaestione differere, urbane ut a quodam dictum sit, doctiora fuisse Cardinalis Sirleti somnia, quam sint doctissimorum quorumque vigiliae.

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