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CRIPTA O SOSTRUZIONE, QUANDO FU COSTRUITA?.
Questa volta per parlare della 'cripta', che in base alle recenti indagini condotte dall'architetto Lopetrone per
conto della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Cosenza, Catanzaro e Crotone 1 è
risultata essere una 'sostruzione', mi sono immerso in essa per rendermi conto come fosse prima delle modifiche apportate
negli anni Trenta/Quaranta del Novecento.
La mia immersione è ovviamente virtuale e per avere un'idea di quali potessero essere le proporzioni della costruzione originaria rispetto a chi vi scendeva, ho creato il fotomontaggio che mi vede protagonista di questa avventurosa ricostruzione. Come si può vedere ho riportato il pavimento a livello del piano dei dodici plinti da cui si dipartono le arcate che formano venti campate, distribuite su un percorso di quattro corridoi longitudinali, impropriamente definiti navate, per cinque trasversali. Secondo l'architetto Lopetrone, questa era la posizione del pavimento prima di essere abbassato per rendere l'insieme accessibile per le celebrazioni religiose. Negli stessi anni Trenta/Quaranta furono aperte le finestre laterali, la porta di accesso e furono realizzate le quattro ampie nicchie che ospitano, a mo' di cappelle, quattro altarini. Bisogna convenire che l'obbiettivo di trasformare un luogo destinato a sepolture in una chiesa semi-ipogea ha permesso in un secondo tempo di scoprire che quella formidabile costruzione non era nata come cripta, né come luogo cimiteriale, ma aveva lo scopo di colmare un notevole dislivello morfologico per fornire un ampio piano di appoggio alla chiesa cattedrale che vi doveva sorgere. Oggi abbiamo le tre versioni del manufatto: 1) le 'fondamenta della chiesa', 2) la trasformazione in cripta, 3) la 'scoperta' del piano originario di calpestio. Esse corrispondono a tre diverse fasi storiche di questo prezioso manufatto, la prima delle quali, quella che diede origine all'architettura che nel suo complesso fu definita chiesa cattedrale, è decisiva per stabilire l'epoca della sua costruzione. Tranne le arcate a sesto acuto, i materiali usati e la tecnica costruttiva potrebbero indurci a pensare che si tratti di un'architettura bizantina, o quanto meno alla presenza di maestranze che continuavano ad operare secondo quegli schemi. Anche la presenza documentata nell'abbazia della Matina di maestranze monastiche benedettine potrebbe aver avuto un ruolo decisivo nel caso della costruenda cattedrale. In ogni caso, però l'arco a sesto acuto è da attribuire ad un periodo decisamente posteriore, in quanto non abbiamo esempi di costruzioni, realizzate nel XII secolo, ispirate allo stile arabo-normanno nella Calabria settentrionale. Dobbiamo, di conseguenza, datare l'esecuzione dei lavori della cattedrale nel XIII secolo, lo stesso al quale appartiene la trasformazione cistercense della preesistente abbazia romanico-benedettina della Matina. Significa che la chiesa cattedrale fu edificata nei primi decenni del Duecento e se consideriamo che in quegli anni il vescovo era Andrea (1216-1236), dobbiamo attribuire a costui l'erezione della cattedrale. C'è però, un'altra possibilità, ovvero che le maestranze possano essere giunte dalla Sicilia, visto che Ruggero II, re di Sicilia e duca di Puglia e Calabria, aveva dimostrato una particolare attenzione ai territori appartenenti agli Altavilla, compresa San Marco, come risulta da un suo diploma in data 1144, riguardante la conferma di privilegi risalenti al prozio Roberto il Guiscardo. In tal caso la costruzione della cattedrale coinciderebbe, grosso modo, con l'elezione del primo vescovo storicamente documentato, ovvero quel Guglielmo, la cui firma compare in un atto del 1157 con la dicitura episcopus Sancti Marci 2. La questione presenta alcuni aspetti interessanti in quanto si tratterebbe dell'adozione di un sistema costruttivo, l'arco a sesto acuto, introdotto per la prima volta a San Marco in una costruzione che doveva garantire il massimo sostegno alla costruenda chiesa cattedrale. Il vantaggio di questo arco, rispetto a quello a tutto sesto, è dato dalla maggiore resistenza ai carichi e, credo di non sbagliare, alla possibilità di distribuire in maniera differenziata i piedritti, adeguando il loro posizionamento e l'altezza alla morfologia del terreno. Nel caso in questione non si trattava di una questione stilistica o estetica, come avverrà con il gotico, ma di una maggiore garanzia di stabilità. Un'obbiezione che mi fu rivolta riguarda la scelta dei materiali e la loro ordinata disposizione a vista, che contrasterebbe con la funzione e il parziale interramento del manufatto, non destinato ad essere fruibile nei suoi aspetti estetici. Se ci riferiamo all'uso del cotto che compone le volte a crociera, esso aveva una funzione di contenimento del materiale sciolto di riempimento che veniva gettato superiormente prima del solaio, e la sua disposizione a spina di pesce rendeva la parete più resistente a tali carichi. Per quanto riguarda gli archi, l'alternanza del cotto alle pietre faceva risparmiare sulla quantità delle pietre necessarie e ne agevolava la distribuzione lungo l'arco di circonferenza, senza bisogno di dover squadrare la pietra in forma trapezoidale. Tuttavia, anche l'aspetto estetico risultante rientrava in quel concetto più ampio di costruzione eretta a gloria del Signore e che, nascosta o meno che fosse, doveva sempre essere degnamente rappresentata. Ci sono altri due aspetti che mi inducono a ritenere quest'opera di fattura arabo-normanna e di epoca antecedente al gotico: una fotografia della torre campanaria normanna antecedente al terremoto del 1905 e le due grandi cupole poggianti su torri circolari che appaiono in una stampa del Pacichelli di inizi Settecento. La torre campanaria, risalente alla stessa epoca in cui fu costruita la cattedrale, non presenta elementi riconducibili allo stile gotico, potremmo definirla prettamente 'romanica' per usare, anche se impropriamente, un'attribuzione che nel sud coincide con il periodo bizantino-normanno. Nella riproduzione del Pacichelli, la cattedrale ha due torri circolari che affiancano esternamente le navate laterali in prossimità del presbiterio; le cupole sovrastanti richiamano quello stile arabo normanno presente in Sicilia e nelle aree geografiche in cui gli arabi furono presenti. 3 Quanto alla presenza di una preesistente chiesa di San Nicola, in una mia precedente pagina ho escluso che essa potesse esistere in quel luogo, giungendo alla conclusione che il suo riferimento storico riguardava una chiesa di Santa Nicola posta sul pianoro che si estende da Bucita racchiuso tra il Malosa e il Fullone.4 Poiché ho accennato ad altre due versioni riguardanti la cripta, ovvero la trasformazione di una struttura in cripta e la recente classificazione di essa in sostruzione, mi riservo di trattare l'argomento in una prossima pubblicazione. San Marco Argentano, 16.7.2025 Paolo Chiaselotti 1 Il restauro della "cripta" normanna di San Marco Argentano, Quaderni della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Cosenza, Catanzaro e Crotone, in collaborazione con Curia Vescovile San Marco Argentano - Scalea. Pubblisfera edizioni, 2010 (ISBN 978-88-688-358-72-7) 2 Don Pino Esposito, Regesto storico della Diocesi... 3 Le cupole del Pacichelli 4 San Nicola a Santa Nicola |
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