LA STORIA LE STORIE - INDICE
LA FONTANA
Racconto di Porfidio Curlotti


3. Le paiche diventano argomento di studio.
Una volta che il monumento assunse il nome di Fontana delle Paiche, la nuova denominazione, preceduta da un "volgarmente detta", fu inserita nelle guide turistiche, nelle varie brochures, nei depliants di ogni genere, che divennero veicolo di cosė ampia diffusione che del nome iniziale e di ogni originaria attribuzione se ne perse memoria. Come spesso accade, il bisogno di conoscenza spinse qualcuno a voler ricercare l'origine di questo strano nome, che per assonanza rimandava a qualche voce della mitologia classica. Un'insegnante di arte del locale ginnasio, Angela Carracchio, fu la prima a pensare di introdurre l'argomento nella scuola, dopo essersi documentata con quel poco che era riuscita a raccogliere dalla viva voce di alcuni colleghi che con sfacciata sicumera le diedero informazioni di primissima mano, tanto ricche di dettagli da farla sentire a disagio. "Possibile" si chiese "che non abbia mai incontrato nel corso dei miei studi e delle mie esperienze di insegnamento, queste paiche?!" E qui le sorse il primo dubbio, ovvero se la corretta grafia della singola divinità, perchè certamente di una divinità doveva trattarsi, fosse "paica" o "apaica". Senza destare il minimo dubbio di ignorarne la conoscenza, disinvoltamente iniziò a parlarne con la più loquace delle sue colleghe, quella che maggiormente era a contatto con don Goffredo. Astutamente ne parlò usando il singolare, per cui la paica o l'apaica erano pronunciate allo stesso modo, ma cercando di spingere la sua interlocutrice a parlarne al plurale. L'amica, logorroica fino all'inverosimile, non le diede, però, il tempo per cogliere quel piccolo legame grammaticale che avrebbe potuto svelare il mistero del nome.
La professoressa decise allora di rivolgersi direttamente a don Goffredo, spiegandogli di voler discutere con i propri studenti la questione dell'attribuzione della Fontana. Anche con lui ricorse a qualche stratagemma teso a fargli pronunciare la parola esatta da lei cercata, ma non riuscì a fargliela dire una sola volta, perché il prete non solo non la pronunciò mai, ma le disse chiaro e tondo che per lui quell'attribuzione arbitraria e assolutamente inverosimile era solo frutto di menti perverse e ignoranti. La professoressa, alla fine, convinse il parroco che un dibattito dal titolo: "Le paiche, realtà o mistificazione?" sarebbe potuto essere utile per stabilire una volta per tutte l'autentica attribuzione della Fontana. Don Goffredo parve accogliere di buon grado quella proposta che gli offriva l'occasione di poter esternare pubblicamente tutto il suo dissenso. A questo punto la professoressa fece un ultimo tentativo per far pronunciare a don Goffredo quel nome misterioso. "Lei è, dunque, convinto che le tre teste non sono assolutamente quelle di tre ..." e qui si fermò sperando che dalle labbra dell'uomo uscisse chiaro e distinto il suono che le avrebbe permesso di affrontare l'argomento con cognizione di causa.
"Tre epaiche?" disse don Goffredo con un'enfasi che anticipava una risposta negativa. Un lieve tremore panico attraversò allora gli occhi della donna, che si chiese se avesse udito realmente quell'impercettibile interruzione tra le due parole oppure se si trattasse solo di suggestione dovuta al suo convincimento che epaiche fosse preferibile a paiche, la cui etimologia, ad orecchio, non riusciva a collegare ad alcuna radice conosciuta.
Istintivamente, con un guizzo di genialità tutta femminile fu pronta a chiedere: "E se fossero state quattro?" La risposta che udì le giunse inaspettata, come uno schiaffo in pieno viso, e pur tuttavia estremamente gradita nella sostanza. Cambiando improvvisamente tono e umore il sacerdote, visibilmente alterato nell'aspetto, si lasciò sfuggire questa imprecazione: "Vuol dire quattro tro..?" la frase anche se incompleta era chiarissima ed il concetto fu reso ancora più esplicito da queste parole: "Professoressa Angela Carracchio mi state provocando sapendo come la penso in proposito? oppure siete anche voi convinta che si tratti veramente di epaiche o come diavolo hanno chiamato quel genere di donne?" Approfittando del disagio del sacerdote un istante dopo aver pronunciato quella frase infelice, la professoressa, consapevole che per don Goffredo scoprire che l'antica fontana a due passi dalla sua chiesa, a lungo ritenuta fonte battesimale, era in realtà un concentrato di turpitudine pagana, doveva provocargli una sofferenza indicibile, gli disse: "Non vi arrabbiate, don Goffredo. Vi lascerò spazio per un vostro intervento".
Dopo averlo salutato, uscì soddisfatta di aver acclarato il nome corretto delle tre figure e di aver appreso che si trattava di meretrici magnogreche.
La Fontana racconto di Porfidio Curlotti