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L'ANTISTORIA

SCLAVI A SAN MARCO: LE SCARPE SBAGLIATE

L'origine della parola scarpa non è assolutamente tedesca, né tanto meno francese. Il vocabolo fu usato, per la prima volta, nell'XI secolo, da Goffredo Malaterra per indicare un tipo di calzatura usato da mercenari slavi al soldo di Roberto il Guiscardo. Il luogo in cui essi si trovavano era San Marco in Calabria (oggi San Marco Argentano, in provincia di Cosenza), dove quegli uomini si stabilirono definitivamente.


Scarpe sbagliate

Dopo molti anni, ho scoperto che Goffredo Malaterra aveva un debole per San Marco. Come l'ho scoperto? Dal fatto che, invece di parlare del nostro eroe Roberto il Guiscardo in termini epici, ne parla come se si trattasse di un vecchio amico e, per giunta, su argomenti che potremmo considerare curiosi o aneddotici. Mi si perdoni il paragone, ma è come me, che ai grandi fatti storici, quelli che hanno determinato le svolte epocali di cui noi siamo comparse, preferisco i fatterelli ascoltati dietro l'uscio della storia di cui siamo protagonisti.
Tuttavia il suo atteggiamento di sammarchese, ovvero di colui che sa le cose di San Marco per averci vissuto, va tenuto in grande considerazione, in quanto ci racconta cosa vide e ascoltò nella nostra città, quando non era ancora tale. Probabilmente abitò alla Matina, visto che era un monaco benedettino, e le cose che racconta le ascoltò da qualche compagno di avventure del Guiscardo.
Voi pensate che io scherzi? Niente affatto, in quanto a riferirmele è stato lo stesso Malaterra, non a voce ovviamente, ma attraverso quello che ha scritto.
La lettura di un testo storico va presa per quello che è e per quello che dice e per come lo dice, e se il monaco benedettino parlando di San Marco è talmente pignolo da dirci che un dapifer si rivolge al Guiscardo come farebbe un vecchio camerata e se ci dice che il Guiscardo si alza di notte e si infila ai piedi quelle che secondo lui erano le scarpe degli sclavi, beh, io dico che dobbiamo ascoltarlo! Dobbiamo ascoltare quanto ci ha lasciato scritto, con estrema attenzione, con rispetto e con quel tanto di modestia che deve indurci a tener conto anche di un peto. Lungi da me il pensiero della morte del Guiscardo per effluvio ventris, dico solo che, se Malaterra parla di scarpe, ad esse dobbiamo attenerci, senza andare a cercare antiche rovine sottoterra!
Ho gia detto che potremmo esser famosi nella storia per questo fatto banale, ovvero che per la prima volta a San Marco qualcuno ha pensato di tirar fuori la parola scarpa che per noi e per tutti gli italiani è comunissima. Purtroppo, finora, non c'è stato alcun riconoscimento ufficiale, perché una scarpa non fa storia, figuriamoci poi se apparteneva ad uno sclavo!
Lasciatemelo dire, però, ciò che mi stringe maggiormente il cuore da mezzo sammarchese è la consapevolezza che di questa origine non se ne sia accorto nessuno, tranne il Du Cange nel suo dizionario sui termini latini del basso medioevo. Sbagliando, tra l'altro, ovvero non tenendo conto che il Malaterra non sapeva affatto come si chiamassero le scarpe che gli sclavi usavano al posto dei calceari dei popoli cosiddetti civili e così, oggi, abbiamo tutti ai piedi ... le scarpe sbagliate.
Non credo che Malaterra fosse presente quando Roberto il Guiscardo convinse i suoi sclavi ad assalire nottetempo un villaggio ultra altissimos montes, via praeruptissima, in profundis vallibus per procurarsi il cibo, né tanto mano quando di nascosto si vestì come i suoi sclavi indossando le loro vili vesti e quel particolare tipo di calzature che, a suo dire, essi chiamavano scarpe (de nocte, nullo sciente, consurgens, vili veste et scarpis, quibus pro calceariis utuntur, ad similitudinem abeuntium sese aptans, illis medius iungitur) unendosi ad essi.
E qui, caro il mio Malaterra, hai commesso, come suol dirsi, un passo falso. Ovvero non potendo essere, tu, presente e non potendo, io, credere che tu fossi al corrente che il Guiscardo si infilò quel dato paio di 'scarpe', devo dedurne che qualche sclavo del posto o ti abbia narrato questa storia oppure che tu lo abbia sentito parlare di scarpe.
Eh sì, amico mio (scusa la familiarità, ma oramai ti considero tale), perché il macedone che tu hai conosciuto ti ha detto tutt'altra cosa. Ovvero ti ha detto che per le condizioni del terreno sassoso, impervio, scosceso ecc. ecc. doveva proteggersi i piedi mentre camminava sulle rocce. Tu, nel sentire nella sua lingua quell'espressione ripetuta più volte; za karpa, za karpa hai pensato che si chiamasse scarpa, invece il pover'uomo diceva che quelle cose di cuoio duro legate al polpaccio con robusti lacci servivano per la roccia, per la roccia.
Avendo tu capito male, hai combinato un grosso guaio e anche a me, che ho riportato le tue parole come vangelo, hai fatto fare quella che noi diciamo una figura di merda!
Immagina che, d'ora in poi, quando si cercherà l'etimologia della parola scarpa, si dirà che essa deriva da un'errata interpretazione dell'espressione macedone za karpa udita pronunciare da alcuni sclavi nell'XI secolo a San Marco Argentano per dire che dovevano proteggersi i piedi sulle rocce.
Ad ogni modo, anche questa piccola curiosità ci potrebbe giovare. Innanzitutto dicendo chiaramente che tu sei stato qui all'abbazia della Matina (oramai è inutile nasconderlo, per le minuzie di cui parli su San Marco e, soprattutto, dopo la palese gaffe dei pascoli saraceni di Prato Marco) e, secondo, che hai potuto scambiare qualche parola con qualcuno dei tanti sclavi di Santa Maria dell'Illirico, sai, quella chiesetta all'entrata del paese, ribattezzata dei Longobardi per questioni di prestigio.
Chi l'ha fatto non se ne intendeva troppo di devozioni mariane: scambiare i longobardi con gli slavi! le cui madonne sono note in tutto il mondo.
Ciao, anzi s'ciao, un bacio.

S. Marco Argentano, 19.8.2025

Paolo Chiaselotti


Note: Vedi su tale argomento:

Prima scarpa? a San Marco Argentano
Malaterra a Prato?
Da castrum a civitas - Santa Maria
Santa Maria ... degli sclavi
Sclavi i primi abitatori di S.Marco?

Za Karpa e la traslitterazione italiana dell'espressione macedone "".
Nel ritaglio sottostante il significato tratto dal sito di un dizionario in lingua macedone da cui si evince che il termine è l'equivalente dell'italiano roccia, ovvero di grande masso di pietra che emerge dalla superficie, usato anche nel significato di forza (forte come una roccia). Le parole usate dagli sclavi indicavano quei luoghi: altissimos montes et via praeruptissima. Potrebbero anche, nella realtà di San Marco, riferirsi alla gran massa litica della nostra roccaforte, ripetuta spesso dagli Sclavi nella loro lingua e mal interpretata dal Malaterra per metonimia.

etimologia voce macedone Karpa




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